giovedì 27/08/20
Molto spesso ci parlano del pubblico come di qualcosa di negativo, di inefficiente, di superato, omettendo alcune fondamentali caratteristiche intrinseche che lo differenziano da ogni altro settore che non lo sia.
Se qualcosa è pubblica non può essere privata, non può essere inaccessibile, chiusa, preclusa, al contrario qualcosa che sia privata è arbitrariamente reso accessibile o meno da chi ne detiene la proprietà secondo la propria insindacabile volontà.
Le cose pubbliche, in definitiva, sono di tutti, sono controllabili da tutti, con processi e metodi variabili, sono accessibili e devono dar conto a tutti i cittadini.
Le istituzioni pubbliche hanno le stesse caratteristiche, amministrano una qualche attività di interesse pubblico e sempre e solo nel pubblico interesse.
Sto ovviamente descrivendo, anche con una certa semplicioneria, dei concetti estremamente alti in maniera didascalica, omettendo le miriadi di sfaccettature e deviazioni esistenti nella pratica delle cose.
Una ulteriore premessa devo farla nel dire che la proprietà privata ha una funzione altrettanto e specularmente fondamentale, fa e deve fare in modo che l’individuo possa accumulare beni in modo da emanciparsi per i suoi bisogni dallo stato, ossia dal pubblico, e lo stato deve favorire questa dinamica con dei limiti che non è questa la sede per affrontare.
La discesa agli inferi, socialmente parlando, è cominciata quando hanno cominciato a parlare di sprechi, inefficienze, tagli al settore pubblico.
Oggi ci sono innumerevoli, caritatevoli, istituzioni (private) che si stanno magnanimamente proponendo come fornitori alternativi di servizi, lo abbiamo visto con le poste, la sanità, la scuole, adesso è il momento delle Università.
“Google lancia la laurea di 6 mesi: è sfida alle università” titola il Corriere della Sera, giornalaccio, come tutti quelli del MainStreamMedia, totalmente inaffidabile, a meno che non debba dettare il ritmo ai galeotti per remare cadenzati verso il nuovo mondo, ecco, qui è affidabile, il sottotitolo recita “I corsi professionali proposti da Google sono più brevi e più economici rispetto a quelli delle facoltà tradizionali. Ma, assicurano, altrettanto utili. Una buona alternativa, uno sprono alle università per migliorare la loro offerta o un attacco aperto?”, il tutto come se fosse…normale, un progresso che si attendeva da tempo e che non può che migliorare quella che viene definita “offerta formativa”.
Trovo agghiacciante la deriva attuale, la privatizzazione di istituzioni e servizi, la confusione del pubblico col privato, il ricatto insostenibile in regime di moneta fiat degli sprechi e delle coperture al fine di erodere l’uno in favore dell’altro, trovo inaccettabile la cecità di quasi tutti, penso che siamo nella fase discendente, al definitivo crollo della nostra fortemente compromessa civiltà, siamo finiti, non so decidermi se ballare mentre affondiamo o disperarmi per quelli a cui lasceremo questo distopico mondo.
In ogni caso pare che il mondo sarà dei futuri dottori del web, sacerdoti in venerazione di Big “G” che possiederà le verità e le distribuirà a suo piacimento, a suo giudizio, Big “G” addestrerà i ministri del sapere nel modo che riterrà più funzionale ai suoi scopi, che magari non sono neanche dettati dal mero profitto, aspetto che non rappresenta una attenuante ma tutt’altro, una aggravante esiziale.
Il passo da mezzo di condivisione a strumento di irregimentamento è stato compiuto, nel solito silenzio assordante delle masse belanti.
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