«Il Funerale dell’Economia Campana e l’Antagonismo Istituzionale»
Pubblicato sulla rivista di CONTROCORRENTE.
Napoli – Era il 2 Novembre 2020 e c’era un funerale, simbolico, ma neanche troppo: le esequie sarebbero partite dalla Rotonda Diaz, dal Lido Mappatella, sul lungomare partenopeo, alle ore 16:30.
Mi sento con un amico fotoreporter, ci incontreremo lì, ne incontrerò tanti altri, gente di una delle mie vite passate che purtroppo vedo poco, altri amici nuovi e vecchi, anche una mia “sposa” e amica che rivedo con enorme piacere, altri che sento e basta, altri che si limitano a protestare dalla comoda sedia girevole davanti allo schermo e poi vengono sempre meno nelle cuciture.
Il funerale è quello dell’economia campana che già logorata da anni di EURSS (© Jaques Sapir) è allo stremo, soprattutto dopo il lockdown e le restrizioni; non ne parliamo adesso che ci si sta dirigendo, sempre grazie al (mal)governo nazionale di Giuseppi e a quello regionale di “cuozzo” Vicienzo da Ruvo del Monte (PZ), verso la condanna a morte definitiva, dal punto di vista socioeconomico, della nostra Regione.
La cosa è stata organizzata da un giovane giornalista molto preparato e molto vicino alle mie idee però… però nutro una certa diffidenza per lui, lo vedo sempre come un ragazzotto borghese (a Napoli li chiamiamo “chiattilli”) che si pavoneggia delle cose vere e incontrovertibili che diciamo un po’ tutti da più di una decade da questa parte della barricata.
Purtroppo io mi lascio coinvolgere poco perché «io ho viste cose che voi umani…»Ho visto i politici della Prima Repubblica, che erano seri, anche negli aspetti negativi ma soprattutto in quelli positivi, ho visto i lavori di a/simmetrie, che ho avuto il privilegio di documentare, ho visto e conosciuto gente di un certo spessore che non mi fa vedere le new entry in maniera sublimata, proprio come capita solo ai vecchi disillusi e amaramente cinici. Eppure ci sono andato, convinto di far bene, convinto e speranzoso che, anche se attorno a un nucleo che non mi fa impazzire, si potesse aggregare una massa critica che facesse vacillare il fascismo schifoso che pervade ogni spazio vitale residuo, apparecchiando la definitiva distruzione e il massacro conseguente.
Eravamo troppo pochi per me, certo c’era qualcuno, ma eravamo sui mille non di più, ci si vedeva per strada certo, ma non era quella folla che speravo ci fosse, quella che mi avrebbe fatto commuovere di speranza, quella da occhio lucido, da brivido sulla pelle, da fiducia nel domani. Anche il discorso da leader responsabile che ha fatto in chiusura, davanti alla bara col tricolore, dopo il silenzio suonato da una tromba, è stato diplomatico e moderato, tanto nei toni quanto nei contenuti, per niente incisivo e troppo “responsabile”, nel senso di “innocuo”, per lo Status Quo.
Abbiamo bisogno di pazzi scatenati e geniali come Paolo Barnard non di nuovi edulcorati rivoluzionari né di programmi che migliorino un sistema che va invece demolito, “distrutto”, non riconosciuto e verso il quale bisogna organizzare una sorta di antagonismo istituzionale, nel senso che bisogna “restaurare” la democrazia e la Costituzione del 1948 come era, abbattendo questi abusivi che ne hanno preso possesso ma che non ne sono i proprietari.
Caro “chiattillo”, ti voglio bene, ma credimi ci vuole molto più coraggio.
Sulla pagina CONTATTI, la mia mail, i social, il canale Telegram
le informazioni per seguire la mia trasmissione L’OCCIDENTALE.
Per aiutare questo blog: