Riflessioni Senza Categoria

Elogio dell’equilibrio

Perché piacciamo inermi

03/07/25

Prologo: la gentilezza e le attenzioni di tutti sono sempre apprezzate ma il mio modo di scrivere è sempre stato tale, ho raccontato di me nella camera sterile nelle mie miserie umane con lo stesso apparente distacco e crudezza. Non è cattiveria, è la giusta distanza per l’occhio, quando voglio raccontare la vita lo faccio per come la vedo, e il mio vedere è mio e solo mio.

Ma senza questo “modo” di scrivere, che ha ridotto l’indicibile ad una serie di pratiche, contrattempi, difficoltà, momenti di gioia, pensieri tenuti volutamente in superficie, persino moderazione nella speranza e nella mortificazione, che ha fatto sparire, portato in secondo piano quella che è e sarebbe stata una tragedia per chiunque, la malattia, sarebbe stato un testo difficile da leggere. da Re(censore) Massimo Delli Gatti

Nel mio libro, scritto tredici anni fa, pubblicato cinque anni fa, ora riscattato dall’editore e parcheggiato senza velleità di una inutile e anacronistica ristampa, sostenevo che l’umanità che mi aveva circondato in quei frangenti ― una umanità formata da perfetti sconosciuti, quasi tutti professionisti sanitari ― mi sorprese molto positivamente.

Preciso che questi professionisti sanitari mi hanno poi purtroppo sorpreso in senso contrario, immensamente negativo, durante la pandemia per quel raffreddore cinese arrivato dal BioLab di Wuhan grazie anche ad Anthony Fauci, graziato preventivamente da un decadente, in ogni senso, Joseph Robinette Biden jr.

Concessione Esecutiva di Grazia

JOSEPH R. BIDEN, JR.
Presidente degli Stati Uniti d’America

A tutti coloro ai quali queste presenti giungeranno, saluto:

Sia noto che in questo giorno, io, Joseph R. Biden, Jr., Presidente degli Stati Uniti, in virtù dei miei poteri ai sensi dell’Articolo II, Sezione 2, Clausola 1 della Costituzione, ho concesso a

Dr. Anthony S. Fauci

Una grazia piena e incondizionata

Per qualsiasi reato contro gli Stati Uniti che egli possa aver commesso o di cui abbia preso parte nel periodo dal 1° gennaio 2014 fino alla data di questa grazia, derivante o in qualsiasi modo connesso al suo servizio come Direttore del National Institute of Allergy and Infectious Diseases, come membro della White House Coronavirus Task Force o del White House COVID-19 Response Team, o come Consulente Medico Capo del Presidente.

Joseph R. Biden, Jr.
Presidente

Adesso lasciamo il personale sanitario a cui tanto devo e che, di converso, tanto detesto per quello che hanno fatto al mondo ― al mio piccolo mondo soprattutto. Sono esseri umani e pure loro si comportano in maniera programmabile e programmata. Ora torniamo a noi.

Mi trovo a vivere, come quasi tutti, in un ambiente assai conflittuale, e non solo a causa mia. La mia conflittualità però non è quasi mai attiva ― dico quasi perché nessuno è perfetto o totalmente equilibrato, io per primo ― quanto reattiva. Lo ribadisco, principalmente reagisco a comportamenti omissivi oppure che ritengo inefficaci se non addirittura controproducenti. Sono il più classico dei primogeniti rompicoglioni, antitetico alla cultura partenopea di provenienza del vivi e lascia vivere: quando vedo storture reagisco, sempre. Paradossalmente più spesso per quelle di cui sono vittima gli altri che per me stesso. Non saprei spiegare il perché, sono concretamente un diverso, ritengo una patologia affardellante questo lato del mio carattere, è una cosa che mi fa soffrire parecchio.

Questo mio modo di essere è si estrinseca in mille rivoli. Anche questo affannarmi a scrivere, qualche tempo fa anche a fare radio, io in vari modi impegnato a fornire spunti critici alla narrativa dominante che copre la realtà, mi affatica, mi logora al punto che, inevitabilmente ― oltre a minare le mie possibilità pratiche nel mondo ingrassando enormemente le fila dei miei nemici e critici ― crollo. Crollo fisicamente, oppure crollo emotivamente, o magari entrambe le cose. Sono spossato, in senso reale o figurato, sono finito, almeno fino a una compiuta e necessaria rigenerazione. Insomma un ciclo completo di distruzione e ricostruzione.

Solve et Coagula, come dicono i grembiuli che tanto poco mi piacciono

Ci siamo, io sono qui, è questa la mia situazione dell’ora presente.1 Dopo i primissimi momenti che richiamano brutti ricordi, lo spavento è scemato e si è generata una certa frustrazione nel digerire, ancora una volta, che non ho la forza di un Ercole o di un Maciste (contro tutti ça va sans dire).

La ciclicità appena descritta ha poco interesse, soprattutto per me che mi conosco abbastanza bene, quello che mi stimola è molto diverso, e di certo ha a che fare pure con me, perché è una dinamica generalizzata, teoricamente incongruente se non fosse assolutamente costante, ripetuta ed esperibile.

In questi momenti appare una incoerenza con la vita sociale ordinaria, fatta di cattiverie gratuite, pulsioni sgraziate, sgambetti, fregature, menzogne, furbate e compagnia cantante… Esplode l’empatia di tutti, quella sincera e confortante come un camino d’inverno dei pochi veri amici, quella sorprendente e inaspettata dei tanti conoscenti vicini, quella formale di quasi chiunque senta di dover partecipare, gente con cui magari non hai mai condiviso neanche un caffè, ma, soprattutto, e qui arriviamo al punto, quella insospettabile dei nemici (li chiamo così per comodità). Una postilla, nemici non significa tutti quelli che ci sono ostili si palesano, ma le eccezioni che lo fanno sono numerose. Inattesa ma solo razionalmente, perché statisticamente pare immancabile in queste occasioni, in apparenza neanche manifestamente falsa, più probabilmente di circostanza ma sempre difficile da spiegare.

Se per un attimo non ti senti bene qualcosa esplode nel mondo che ti circonda, l’ho sperimentato per cose molto serie, ma vale sempre. Una liberazione, un detonatore portentoso ma che dura poco, sebbene limitato nell’efficacia temporale che brilla di una bianca luce accecante, impossibile da evitare, che piace a tutti, che fa sentire tutti meglio. Perché?

Mi appresto adesso a recitare un ruolo assai scorretto e discutibile: l’apprendista stregone. Proverò per questo a dare una sorta di dozzinale quanto estemporanea ― e per niente scientifica ― analisi della psicologia delle masse. Tralasciando l’essere una risorsa ― in senso nobile, odio la parola, ancor più evito di parlare di asset… ― per gli amici e, proporzionalmente, per i conoscenti, mi interessa ragionare sui nemici. Gli estremi si prestano maggiormente a questo proposito anche perché, chiaramente, dovrebbero essere esclusi da questi sentimenti e dalle relative manifestazioni esteriori.

Un personaggio scomodo ― come posso essere sotto vari aspetti e nelle più varie misure ― in una situazione di vulnerabilità di qualsiasi tipo, cessa di rappresentare una possibile minaccia o, semplicemente, un fastidioso fastidio. L’empatia quindi potrebbe nascere da una sorta di epifania liberatrice, una malcelata gioia sublimata per un cessato pericolo/fastidio ― badate bene temporaneamente ― un sorprendente quanto inaspettato alleggerimento di gestione.

Questo potrebbe far nascere due sentimenti fra loro contrastanti. Il primo, quello appena descritto, rende meno aggressivo l’atteggiamento di chi ti è ostile, non ne ha più necessità o così ritiene sia mutata la situazione, come se vigesse una sorta di tregua. Il secondo, quello che preferisco di gran lunga e che spererei prevalesse, è che da untermensch vieni reintegrato alla condizione di essere umano, provocando una genuina empatia per la comune fragilità di specie, non più repressa dall’opposizione, reale o latente che sia.

Un ulteriore vantaggio, consiste nel fatto che il confronto diventa pressoché unilaterale. Questo rende il gioco molto più facile. La stessa differenza che corre tra il giocare a tennis contro un avversario o contro il muro, simile anche, se volgiamo, al rapporto con gli animali da compagnia, sicuramente appagante ma altrettanto più semplice e, tendenzialmente, monodirezionale, il padrone è l’umano (quasi sempre). Il muro è inerme. Io sono come il muro, per ora, ma neanche troppo in realtà.

Esiste un’altra dinamica sociale che ritengo molto simile a questa di cui sto parlano ora, purtroppo molto più definitiva, ed è l’insopportabile quanto indifferenziata nobilitazione di ogni trapassato: chiunque passi a miglior vita si trasforma in uno stinco di santo, un filantropo, un generoso, un buono da antologia.

Nella mia esperienza di più di mezzo secolo di vita, mi sento di affermare che dovremmo essere giusto un pelo meno ipocriti nella vita ordinaria, nel bene e nel male, meno aspri con chi riteniamo ostile, spesso peraltro a torto. Poi i cattivi esistono, e in gran numero, e vanno contrastati, sempre se cattivo non vuoi essere. Tanto basta.

Sono diventato buono? No, prima di tutto perché i buoni non esistono, mi vedo solo come uno sfegatato tifoso di posizioni mediane, ragionate e ragionevoli, sebbene intransigenti nella loro giustificazione logica. Il mio scritto di oggi vuole solo rappresentare un incidentale…

elogio dell’equilibrio


SOSTIENI CON PAYPAL

  1. Citazione del libro di Henri Delassu, “il problema dell’ora presente” ↩︎