Ormai da tempo mi sono costruito una rete di amicizie e relazioni che mi propinano notizie e spunti di riflessione, così come io presumo di ricambiare con loro. Questi “spacciatori di notizie” mi inviano di tutto e, spesso, ritengo valga la pena di approfondire, come stamattina.
La notizia che mi arriva è assurda, nella gestione della narrazione stessa, strutturata male e per questo già allarmante:
“Farnesina, morto un altro diplomatico: Pietro Panarello si è tolto la vita infilando la testa in un sacchetto“
In primo luogo affermare che qualcuno “si è tolto la vita infilando la testa in un sacchetto” (di plastica) avrebbe fatto perdere all’istante il lavoro al più infimo sceneggiatore della peggiore soap opera, che sia il titolo ufficiale di un giornale mainstream (Libero) è a dir poco agghiacciante.
Il 23 febbraio Luca Attanasio, un diplomatico, ambasciatore italiano in Congo, veniva ucciso in un agguato nel quale anche il carabiniere Vittorio Iacovacci, che costituiva la sua scorta ― Attanasio aveva chiesto di raddoppiarla ma gli era stata negata ― perde la vita.
Ma cosa succede in Congo? Ecco cosa ci dice, e concordo, “La Gazzetta del Popolo“:
“Quella che nella versione ufficiale è un’operazione di peacekeeping diretta dalla Monusco, un’organizzazione delle Nazioni Unite, costituita in origine per monitorare il processo di pace a seguito della seconda guerra del Congo (detta anche “guerra mondiale africana”, combattutasi sanguinosamente tra il 1998 al 2003), pare essere diventata una vera e propria continuazione della guerra. Sono infatti 16.000 i militari di una ventina di Paesi impiegati in questa “operazione”. Un esercito. Di questi, dal 2010, già 93 hanno perso la vita in questo processo di law enforcement. […] qualcosa a livello logistico riguardo la protezione dei convogli non abbia funzionato. La polizia congolese non sembrava essere stata messa al corrente del viaggio, tanto che il loro generale, Abba Van, si è detto “sorpreso”
Insomma, difficile pensare che Attanasio non sapesse in che mare di mota stesse nuotando, come difficile risulta pensare che non sapesse di questo la Farnesina ― col nostro preparatissimo Giggino Di Maio a tirare le redini della nostra diplomazia.
Quattro giorni fa Pietro Panarello, 40 anni, viene trovato morto dai suoi familiari, preoccupati di non aver più sue notizie, nella sua abitazione, a Messina. Stiamo parlando del primo Segretario per il Commercio e degli Affari Culturali dell’Ambasciata Italiana in Etiopia, era figlio di un ex deputato all’Assemblea regionale siciliana per il Partito Democratico.
Ovviamente appare stranissima la dinamica di quello che fin troppo frettolosamente è stato qualificato come “suicidio“.
L’area operativa di Pietro Panarello era quella dell’Etiopia, una zona più orientale dell’area subsahariana rispetto al Congo dove operava Attanasio, ma affine come dinamiche geopolitiche, con la pressione degli interessi occidentali, francesi in testa, che si scontrano con l’incessante avanzata cinese, il settore minerario nel Congo è controllato dalla Cina per un buon 40% (Pechino ha cancellato al Paese ventotto milioni di dollari di debito, garantendone sotto forma di sostegno finanziario ben diciassette fonte)
La stranezza del “suicidio” di Panarello si va ad aggiungere ad altri suicidi e uccisioni di rango capitati ultimamente.
Affermo questo pensando ad esempio ad Antonio Catricalà, ad Attanasio, come se stesse succedendo qualcosa di inquietante e poco chiaro. Mi ricordo storicamente del “suicidio” di Raoul Gardini, dell’impiccagione sul Blackfriars Bridge di Roberto Calvi, il caffè corretto di Michele Sindona, l’atterraggio con l’altimetro starato di Enrico Mattei ecc. ecc.
Non ho alcun elemento certo per azzardare ipotesi precise, ma il puzzo di bruciato è davvero pungente.
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