Vale la pena ricordare, alla luce degli eventi attuali, le conclusioni di un lavoro ventennale a cui, probabilmente, non viene dato il giusto valore.
Quello che andrebbe sempre tenuto a mente è che la scienza, compresa quella medica, è un metodo, mentre oggi ci si relaziona ad essa come fosse un dogma peraltro officiato da “scienziati” poco qualificati. Elenchiamo fra quelli di rilievo attuali un “allergologo”, uno “zanzarologo” (cit. prof. Palù), una “veterinaria”, che ci ammoniscono come sacerdoti dal pulpito.
La scienza, quella vera, impara dai propri errori, ne fa tesoro e si approccia ogni volta ad una criticità con mente aperta e priva di preconcetti.
Questo è l’animo che mi ha portato, approfondendo il tema con un amico militare, a riportare alla luce questa vicenda di quasi tre anni fa affidandomi in larga parte a quanto detto negli articoli dell’associazione COMILVA e di Infodifesa.
Il 22 dicembre del 2000 fu istituita una Commissione Parlamentare (detta Commissione Mandelli) allo scopo di indagare sui danni alla salute dei militari a seguito dei programmi vaccinali. Dopo quasi vent’anni, il 7 febbraio 2018, la Commissione presentò le sue conclusioni in conferenza stampa a Palazzo Montecitorio contenute nella Relazione finale della IV Commissione d’inchiesta parlamentare sui casi di morte e di gravi malattie che hanno colpito il personale militare, una copia fu consegnata anche al Parlamento di Strasburgo.
Nelle conclusioni si afferma esistere una correlazione fra i vaccini e le patologie gravi, in alcuni casi decessi, provocate in alcuni militari italiani, si dice pure che essi possano comportare rischi di immunosoppressione, iperimmunizzazione, autoimmunità, ipersensibilità.
Per questi quasi venti anni lo Stato Italiano ha tentato in ogni modo di disperdere eventuali responsabilità per i programmi vaccinali militari, frammentandole e attribuendole ai molteplici fattori di rischio possibili, da quelli ambientali a quelli operativi e a qualsiasi altra possibile causa.
Nella relazione si legge però che tra i fattori patogeni che hanno generato questa allarmante situazione spicca la profilassi vaccinale, si sono esaminati i casi in cui si erano manifestate reazioni avverse a seguito delle vaccinazioni, emerse con patologie autoimmuni e neoplastiche, in una porzione dei militari che però non svolgeva alcuna attività sottoposta a fattori di rischio di alcun tipo se non riconducibili proprio ai vaccini.
Fra gli aspetti salienti la Commissione ci segnala le metodiche di somministrazione come uno dei punti maggiormente critici. Nel luglio 2017 già si evinceva, grazie alle conclusioni del Progetto SIGNUM e alle conclusioni del Prof. Nobile sugli studi condotti sulla Brigata Folgore, che somministrare contemporaneamente un numero maggiore di 5 vaccini può condurre a uno stress ossidativo del DNA e provocare gravi conseguenze alla salute.
La Commissione pertanto raccomanda esplicitamente di evitare la somministrazione di più di 5 vaccini in una unica dose, anzi consiglia di usare monodosi per vaccini monovalenti al fine di prevenire reazioni avverse.
Sempre nei risultati esposti troviamo raccomandazioni di eseguire:
- accurati esami pre-vaccinali,
- valutazione dei rischi personalizzata,
- monitoraggio periodico a lungo termine su ogni vaccinato.
«(…) ha preso atto dell’assenza di qualunque studio scientifico in letteratura volto a valutare la tollerabilità della quantità complessiva dei componenti dei vaccini con riferimento ad adiuvanti, conservanti, antigeni e allergeni, eccipienti e contaminanti, anche in relazione alle conseguenze in termini di ipersensibilità e di reazioni avverse già dichiarate dalle industrie produttrici per singolo vaccino».
La Commissione ha richiesto tramite l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) alle case farmaceutiche la composizione dettagliata di tutti gli elementi contenuti nei vaccini utilizzati dalle Forze Armate, inclusi gli elementi sottosoglia, i dossier tecnici obbligatori (da normativa europea), gli studi di sicurezza e clinici per l’immissione in commercio.
Grazie a questi chiarimenti la Commissione Mandelli ha rilevato 14 componenti tossici o potenzialmente tali, 22 componenti scatenanti fenomeni allergici, oltre a contaminanti biologici ― virus, batteri, micoplasmi e micobatteri ― DNA umano fetale, DNA animale.
Riporto alcuni stralci dalla Relazione:
«piuttosto che una valutazione sulla tollerabilità ad ogni singolo elemento è auspicabile una valutazione di tollerabilità complessiva per vaccino da somministrare. …la Commissione suggerisce che nella metodologia di valutazione delle ipersensibilità si prenda in considerazione l’intero vaccino in luogo del singolo componente al fine di verificare gli effetti della somministrazione del farmaco considerato in toto».
«Alla luce degli elementi raccolti, la Commissione conferma che vi sia una associazione statisticamente significativa tra patologie neoplastiche e linfoproliferative, e altre patologie (es. quelle autoimmuni), e la somministrazione dei vaccini secondo la profilassi vaccinale militare. La Commissione ritiene di non poter escludere il nesso di causa».
Perché trovo interessante rimaneggiare queste notizie? Perché la profilassi obbligatoria che lo Stato impone ai nostri bambini è la stessa aspramente criticata dalla Relazione della Commissione Mandelli, il protocollo pediatrico utilizza gli stessi identici vaccini usati per le Forze Armate, 10 vaccini, 34 dosi somministrate in soluzioni polivalenti ― spesso l’esavalente addirittura insieme ad altri vaccini ― a bambini e ragazzi di età compresa tra 0 e 16 anni, con un calendario serratissimo e ai quali non vengono certo effettuati accurati esami pre-vaccinali o una valutazione dei rischi personalizzata. Sono clinicamente e temporalmente appena nati, a pochi mesi conoscere ad esempio il quadro allergico di un bambino è virtualmente impossibile.
Resto scettico sulla scarsa rilevanza data dall’intero mondo scientifico a questi accurati rilievi, ritenevo utile ridare lustro a un lavoro così significativo.
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