sabato 02/04/20
La primavera per me è sempre stata la stagione più bella, nonostante la fastidiosissima rinite allergica che me ne ridimensiona parzialmente il piacere.
Abbandonare il rigore dell’inverno – quel freddo pungente che ti faceva rincrescere di separarti dal tepore del letto e dal corpo caldo di chi ami – a favore di temperature praticamente perfette, giuste, è bellissimo.
Trovarmi a fare colazione con un sole pieno che mi scalda parzialmente le spalle, aprire finestre e balconi per far riempire di aria frizzante e fresca la stanza mi da gioia.
Spesso gli uccellini si contendono le mie orecchie con la moka che gorgoglia caffè nero, quello che a breve mi schiaffeggerà le sinapsi ancora intorpidite.
Quest’anno le cose sono assai diverse, la primavera è arrivata durante una “pandemia” che ci costringe, ci ferisce dentro e fuori, ci allontana da chi amiamo, come se la vita valesse ancora la pena di essere vissuta lontano da chi si ama, un ossimoro proteggerla da morta.
Concetti agghiaccianti ci sono stati offerti da falsi profeti come farmaco di salvezza per un altrettanto falso problema.
Ci hanno propinato il “distanziamento sociale”, ci hanno obbligato a delle museruole, ci hanno portato alla fame vera ― quella che ancora dobbiamo compiutamente sperimentare.
Difficile quest’anno considerare la primavera come la stagione più bella.
Paradossalmente quest’anno, dal punto di vista naturalistico, sarebbe anche di più bello del solito: l’inquinamento è molto ridotto, gli animali selvatici riprendono il possesso di grandi parti del territorio fino a scorrazzare anche in zone (ex) popolate.
Tutti i gretini , fortemente ridimensionati come catastrofisti ambientali da quelli sanitari – mai da quelli socioeconomici fra i quali mi ascrivo a pieno titolo ― sono lì a ritagliarsi una qualche ribalta di risulta affermando che il pianeta ci sta ricordando che dobbiamo darci ‘na regolata , che dobbiamo essere più “sostenibili” ― anche questa è una espressione agghiacciante, in pratica significa “morite quanto prima, e non vi riproducete che inquinate e saccheggiate risorse”.
Non è una stagione bella, per me separato da una donna prepotente che mi ha vietato arbitrariamente di vedere mio figlio (dal 6 marzo) se non nel suo giardino, per poco e non troppo spesso – inizialmente neanche quello – sempre bardato da BSL4 a causa della “pandemia”.
Certo potrei darle battaglia ma esporrei il ragazzino ad ulteriori attriti e rancori, non l’ho fatto, sta crescendo, poi valuterà i suoi genitori come meglio crede.
Il fatto di non poterlo abbracciare come vorrei mi fa soffrire, mai però come mi fa soffrire vederlo reprimere la sua voglia di farlo.
Non è una stagione bella, per me che sono innamorato, ma non posso amare chi amo, posso solo ricordarmi che l’amo e immaginare che la amerò perché quei confini, che non vengono fatti rispettare neanche per il cazzo quando servono, sono diventati invalicabili addirittura da comune a comune.
Questa era la stagione più bella ma me l’avete tolta, in barba alla Costituzione, alla legalità, alla democrazia, alla giustizia e alla vita, me l’avete tolta.
Che l’inferno vi accolga quanto prima.
in copertina “Primavera”, Sandro Botticelli
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