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Postfazione a “la Comodità” di Mario Biglietto

Da sx Antonio Moresco, Salvatore Toscano, Libreria Wojtec, Pomigliano

29/04/20

Sembra incredibile ma persino in un periodo bizzarro come questo esistono editori che continuano a pubblicare bei libri. E magari da qualche parte ci saranno pure lettori che non vedono l’ora di sfogliarli.
Sono molto felice di vedere finalmente in uscita, dopo anni travagliati, per la casa editrice Crowdbooks,
 La comodità di Mario Biglietto: libro per il quale l’autore mi ha chiesto di scrivere una prefazione.
Io ho rifiutato, però poi ho scritto una postfazione.

Eccola qua:

Anche se ho pubblicato pochissimo e non sono uno scrittore famoso, più volte ho dovuto affrontare una situazione un po’ paradossale che forse costituisce l’habitat naturale per chi lavora nell’editoria ma non per me: arriva un amico, un parente, l’amico di un amico, un vicino di casa ― chiunque abbia misteriosamente raggranellato qualche vaga informazione sulle mie passioni letterarie ― e mi chiede un parere sincero sul voluminoso manoscritto che ha appena finito di vergare.
Non sono la persona più buona dell’universo ma per mille motivi mi sento sempre obbligato ad accettare l’impegno. E anche se non sono la persona più schifosa dell’universo, prima di cominciare a leggere so già che il testo farà cacare. Va sempre a finire allo stesso modo: nei mesi successivi farò di tutto per evitare un confronto diretto con l’autore dell’inedito, perché non ho il coraggio di dirgli la verità sull’assenza di talento che impregna e strazia la sua opera, perché so che tutti noi – noi scriventi ovviamente, perché al resto del mondo di tutto ciò frega davvero pochissimo –, nonostante la modestia e la timidezza di facciata, viviamo nella convinzione di aver sfornato il capolavoro definitivo e accogliamo un eventuale giudizio sfavorevole come un’offesa irreparabile, perché recitare la parte del critico che stronca con brutale franchezza un libro a cui qualcuno ha dedicato tempo, energie, emozioni, è una cosa che odio, che mi imbarazza e che non vorrei mai essere obbligato a fare.
Ecco svelate le mie condizioni psicologiche quando Mario Biglietto mi porta La comodità. Con l’aggiunta di un trascurabilissimo ostacolo emotivo per chi vorrebbe dargli un giudizio spassionato senza urtare la sua sensibilità: Mario ha la leucemia e proprio di questo parla il libro che ha scritto.
Sono il primo a essere sorpreso quando scopro che non solo il testo mi piace ma voglio prendermi l’onere di lavorarci sopra insieme a Mario per migliorarlo.
Ora un’opera letteraria può essere scritta benissimo oppure così così, può avere una prosa scintillante o sciatta, può essere un calderone ribollente di refusi o un irreprensibile manuale di norme redazionali, può portare in dotazione una trama che funziona come un congegno perfetto oppure prevedibile e lenta, può essere onesta fino al midollo o biecamente studiata a tavolino per vendere, può contenere una visione del mondo completamente nuova oppure rifriggere sempre le stesse cose già sentite e risentite, insomma un lettore può aspettarsi di tutto da uno scrittore ma c’è un elemento, un singolo elemento che secondo me distingue la vera letteratura dalla paccottiglia: l’indicibile. Anzi, mi spingo oltre e azzardo una mia definizione di letteratura: è quella forma d’arte che si occupa di dire l’indicibile. È una sfida ai limiti del linguaggio, della psiche, della fantasia, della realtà, della vita stessa. Se ci pensiamo noi siamo circondati, addirittura assediati, dal dicibile, dalla volgarità della chiacchiera a vanvera, dalla conversazione sterile e insincera, dalla parola che, quando va bene, non dice altro che se stessa senza rischi, senza sogni, senza amore e onestà.
Io non lo so se Mario è uno scrittore capace, ma di sicuro, più di tanti insipidi professionisti della sintassi, ha saputo ― e purtroppo dovuto, date le orribili circostanze che lo hanno portato a scrivere ― affondare le mani nella melma dell’indicibile. E non ci ha messo solo le mani, Mario si è immerso con tutto se stesso nell’indicibile, visto che ama la pesca subacquea evidentemente ci ha preso gusto, ed è tornato a galla diverso da com’era prima, con tantissimi doni per chiunque abbia la pazienza e la gratitudine di fare una cosa semplicissima che io ho avuto l’onore di essere uno dei primi a fare: leggere La comodità.
Ma quali sono i doni che un artista vero, profondo, sincero, coraggioso può fare all’umanità? Ecco la risposta: chi scrive può insegnarci le parole per dire cose che prima non sapevamo dire, per pensare cose che prima non potevamo nemmeno ipotizzare, per immaginare l’inimmaginabile, per attraversare ciò che nessuno mai vorrebbe o saprebbe attraversare anche se i pionieri che vanno a esplorare zone inabitabili sono fondamentali per la sopravvivenza della nostra specie, per allargare il campo delle cose che smettono finalmente di restare acquattate nell’ignoto, insomma per rosicchiare qualche zolla di terra agli sconfinati territori dell’indicibile.
A scanso di equivoci voglio sottolineare che questa non è per niente una visione elitaria della letteratura e che a mio parere l’indicibile si può trovare anche in un romanzo comico, in Harry Potter o in un buon giallo.
Nel libro di Mario si ride e si piange, si vivono esperienze che non augureremmo nemmeno al nostro peggior nemico, e altre che gli possiamo solo invidiare per l’intensità e la semplice bellezza che le caratterizzano, c’è dentro tutto l’amore e l’odio per una vita sgangherata che non prende mai la direzione che vorremmo, che non si lascia mai domare, c’è dentro l’ombra ossessionante della morte accompagnata dalla più misteriosa e commovente smania di sopravvivere. E soprattutto non c’è solo la leucemia, non ci sono solo gli ospedali e il calvario di un malato vicinissimo a essere terminale: Mario come detto fa immersioni subacquee, è un fotografo professionista dotato di grande sensibilità, è un viaggiatore, un padre innamorato perso del figlio piccolo, un amante della buona cucina che ascolta ottima musica, è circondato da tantissimi amici e familiari che hanno vite da romanzo, ha uno sguardo tutto suo, appassionato e ben documentato, su politica ed economia, da buon precario del sud si è trovato a fare una miriade di lavori assurdi che costituiscono un potentissimo generatore di aneddoti bizzarri. Mario – e qui parlo in maniera molto cinica da narratore che si sfrega le mani – è in definitiva un personaggio interessante a prescindere da ciò che gli è successo. Ciò che gli è successo però lo ha trasformato e, visto che credo nella letteratura come in una religione, sono sicuro che può trasformare anche chi avrà il coraggio di affrontare La comodità con la dedizione e la fiducia che meritano i libri più belli.

Salvatore Toscano

Pubblicata su “il primo amore” *

da sx Salvatore Toscano, Mario Biglietto ― foto Gianfranco De Biasi

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