Arte Riflessioni Senza Categoria

Sonata DE-VOlutiva

the DEVO

mercoledì 06/05/20

Mi viene spesso da pensare riguardo alla evoluzione, non DEVOluzione, che mi ha portato nel tempo ad abbandonare quella mascherina chirurgica in TNT, inizialmente era quella scomodissima bianca e verde coi laccetti da annodare, per poi passare a quella scomodissima bianca e verde con gli elastici che voi, moderne scimmie ammaestrate, diligentemente frapponete come barriera dinanzi alle vostre fobie indotte, non tanto per fermare il virus perché… inutili.

Correva l’anno 2013 quando fui costretto nel mio quotidiano, per proteggermi da voi ― schifosissimi sani ― ad usare questo dispositivo di protezione personale anche a casa poi quando usavo i mezzi pubblici o quando entravo in luoghi chiusi affollati, mai all’aperto, mai.
Sì, all’aperto non la mettevo, sebbene fossi un fragilissimo “nuovo me”, e avessi il midollo del mio genitore 2 in prova, era inutile come è inutile adesso.

La cosa strana è che io mi sono evoluto, nel senso che sono migliorato, quel midollo si trova bene nel riempire i buchi fra le mie vertebre e ha deciso che ― seppure con qualche rottura di scatole e qualche complicazione ― mi meritavo di veder crescere mio figlio. Un figlio che condivido con il suo genitore 2, con la quale ho ormai da condividere, fortunatamente e dolorosamente, solo Billy (lo chiamerò così, me ne vieta anche il nominarlo nei miei scritti, ella ne ha facoltà, ella va rispettata).

La mia evoluzione mi ha permesso l’abbandono di questi orpelli protettivi che celano il sorriso e privano dell’olfatto, e che appannano pure le lenti dei miei occhiali da miope.

Di quella disavventura conservo il libro che ho scritto, raccontando le mie miserie umane con un sorriso assai sarcastico e crudo che mi ha letteralmente salvato la vita e, cosa assai più importante, l’anima.

In questo periodo lo sto lanciando e ci sono innumerevoli strani segnali che accompagnano questo evento.

Siete tutti mascherati come lo ero io anni fa e, come dicevo, anche all’aperto, dov’è inutile.

Dopo aver trovato l’editore giusto, ho rivisto il testo con la sua editor, ulteriore stranissima coincidenza lei è napoletana come me… vive attaccata al posto che ha assistito al mio momento più difficile, l’Ospedale Santo Spirito di Pescara.

Devo aggiungere che ci siamo (forse) anche divertiti a sistemarlo per la stampa ― mentre quella peste distruttiva della sua poppante-con-lo-sguardo-da-adulta la metteva a dura prova.

Oggi, 4 maggio, siamo all’allentamento del “blocco” (Ossia lo “statt’a’casa”) per il coronavirus, la pandemia più fetecchia che si ricordi, ma che “infiniti lutti addusse alla democrazia e alla libertà!” (semicit.).

In questo periodo, e nei due dolorosissimi mesi di privazioni e distruzione socioeconomica precedenti, ho vissuto una DEVOluzione, una involuzione mascherata.

Per cui mi è venuto in mente un gruppo eccezionale e che amo profondamente i DEVO, solo loro e l’ Energy Dome possono salvarci da questa melma che ha sommerso il mondo impostaci da espertoni posticci a CTCF (Che Propaganda Che Fa ) ― non sarebbe meglio discuterne in parlamento? ― che ci hanno obbligati a rituali di sottomissione.

il DEVO
the DEVO

DEVO furono fondati da Gerald Casale, Bob Lewis e Mark Mothersbaugh, nel 1972.

Il nome viene dal termine “de-evolution” (de-evoluzione), una teoria ― che giudicherei ormai abbondantemente dimostrata ― secondo cui l’umanità, invece di continuare ad evolversi in realtà regredisce, questo dimostrerebbe le disfunzioni e la mentalità gretta della società del tempo, siamo in America.

Questa teoria permetteva loro di affermare, ad esempio, che la loro incredibile versione di Satisfaction fosse l’originale e quella degli Stones la cover del celeberrimo pezzo.

Erano fantastici nelle loro tute gialle o nei vestiti metallescenti, coi loro Energy Dome in testa, avevano capito tutto e io sono con loro cento/cento.

La morale della favola è che per evolverci dobbiamo restaurare e abbandonare la de-evoluzione per una sana evoluzione restauratrice, andiamo indietro per andare avanti, “comodamente“.

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Illustrazioni Federica Macera