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AD10S

giovedì 26/11/20

Addio Diego, quanto eri grande potrebbe saperlo solo chi è grande come te, forse lo troverai lassù e te lo dirà di persona, in quel cielo nuvoloso e pieno di luce in cui, mi auguro, troverai il campo di calcio più bello di tutti, pieno di ragazzini che sono cresciuti giocando a calcio con le scarpe rotte, nelle periferie come quelle da cui sei arrivato, meravigliando il mondo intero.

Hai meravigliato anche me, che di calcio non ero mai stato un grande appassionato. Ma io ti guardavo giocare e rimanevo estasiato perché l’impossibile si materializzava, come fosse cosa normale, davanti ai miei occhi, e lo facevi tu, all’ombra di quei capelloni neri, con quella maglia azzurra, sul campo verde della mia amata città.

Eri un padreterno col cuore grande, enorme, quello che ti danno solo le periferie del mondo. Amavi anche la nostra, quella di una Napoli decaduta e magnifica, una città che non si arrende mai, neanche quando è massacrata e denigrata da tutti, ma poi è arrivato D10S a riscattarla, sei arrivato tu: il più grande di tutti. L’amore che avevi per lei ha risvegliato Partenope che dormiva, inconsapevole di sé.

“D10S UMANO” di Jorit — S.Giovanni a Teduccio, Napoli
“D10S UMANO” di Jorit — S.Giovanni a Teduccio, Napoli

Io passavo quasi sempre le domeniche dai miei nonni materni, a Fuorigrotta, a meno di un chilometro dallo stadio San Paolo ― pare verrà intitolato a te per fortuna. All’epoca le partite si giocavano sempre tutte insieme, la domenica, alla stessa ora, subito dopo pranzo. C’era un silenzio gonfio di emozione nelle città a quell’ora, radioline a transistor gracchiavano rimbombando fra i palazzi in digestione. C’era Domenica In, l’Altra Domenica e il calcio, il vino con l’idrolitina e il campetto dove tutti noi ragazzi scendevamo a giocare dopo pranzo. Da casa dei nonni si sentiva il San Paolo, me lo ricordo bene da quando decenne, era il 1981, sentivo tremare la terra e l’aria al boato per un Napoli che sfiorò lo scudetto con Ruud Krol. Quando andò via l’olandese però, arrivò Diego Armando Maradona, era il luglio del 1984.

Negli anni di Diego noi ragazzini, a Fuorigrotta, andavamo quasi tutte le domeniche allo stadio, aspettavamo che i cancelli si aprissero un quarto d’ora prima che le partite finissero, ci infilavamo per vedere gli ultimi scampoli di partita. Ricordo anche un tuo divino pallonetto da centro campo stamparsi nella rete, non ricordo però che partita fosse ― forse proprio Napoli-Verona 5-0 del 1985 ― ricordo che salimmo sull’anello superiore dei distinti, ricordo la gioia tellurica dello stadio e della città. Poi restavamo in attesa de “la Domenica Sportiva” in cui avremmo gustato con dovizia di particolari le magie di D10S, condite dal mal represso fastidio di alcuni commentatori microfonati.

½h di: DIEGO ARMANDO MARADONA

Diego non fu mai un divo, restò un ragazzo che amava giocare a calcio, amava divertirsi e anche le donne, un ragazzo semplice, uno qualunque con un talento che non aveva nessuno. Conobbe Napoli sotto tutti i punti di vista e la città lo amò e lo usò, ne abusò anche, la nostra bella e maledetta città. Nessuno di quelli che dovevano proteggerlo riuscì a farlo, eppure Diego continuò ad amarci, fino ad offrirsi come agnello sacrificale quel 17 marzo del 1991, quando ci lasciò manco fosse un ladro, lui che restituì l’anima a una città martoriata da tutto e da tutti.

AD10S, image #3

Sei stato il simbolo del talento più puro, portentoso esempio della vita che regala gioie e dolori senza tener conto di censo e blasone, la nobiltà che possedevi, nella tua goffaggine da parvenu, nella tua assoluta eleganza interiore, era manifesta, impossibile da ignorare.

Il tuo cuore enorme è collassato ieri sera, sotto il peso dell’immensità che ha dovuto nutrire.

AD10S genio.

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Illustrazioni Federica Macera