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Guerra molto fredda

30/08/22

Tempo fa, in una delle trasmissioni de L’OCCIDENTALE, vi avvertii a proposito di quel riscaldamento che, ben più pericoloso di quello climatico, si stava generando per la competizione fra le varie potenze che anelano ad accaparrarsi le risorse custodite dal gelido Mar Glaciale Artico.

Le tecnologie attuali sono assai più efficienti di quelle disponibili solo pochi anni fa, eppure questa resta una questione assai meno rilevante delle condizioni geopolitiche che si sono venute a formare, quelle che fomentano uno scontro incandescente fra i ghiacci.

Si dice ― cosa di cui non sono affatto persuaso ― che la temperatura media del nostro pianeta si stia alzando. Si dice anche ― e ne sono ancora meno convinto ― che questo stia accadendo per cause antropiche, tanto da ritenere addirittura che questa nostra era sia possibile denominarla “antropocene“.

L’ultima volta che affrontai il tema del “Glòbaluòrmingh” lo feci screditandolo, come feci pure QUI, e come del resto sempre ho fatto ma, solo per pura accademia, oggi voglio ipotizzare che il Global Warming sia reale e non solo l’ennesima cosiddetta “emergenzaliberticida e distruttiva.

Se fosse reale il miglioramento tecnologico sarebbe ancora più efficace inoltre, aggiungo un altro elemento, le rotte commerciali sull’Artico, tanto quelle marittime che quelle aeree, aprirebbero nuovi scenari allettanti per tutti, perché? Semplice, se il clima fosse meno rigido una rompighiaccio navigherebbe un mese in più all’anno, cosa non da poco, e questo varrebbe per ogni altra attività.

Ad ogni modo, se leggessimo in questa prospettiva la guerra in Ucraina ― fosse anche solo una lettura parziale ― allora questa comincerebbe a svelare uno scenario tutto nuovo, nel quale troverebbero finalmente una logica collocazione alcuni elementi che prima sembravano incastrarsi male.

Prima di tutto comincerebbero a trovare un senso le enormi pressioni per far entrare nella NATO due nazioni che non hanno alcun concreto peso strategico come Svezia e Finlandia, pressioni che hanno permesso anche alla Turchia ― tramite una opposizione furba e feroce ― di farsi consegnare gli esuli curdi per togliere il veto all’entrata dei paesi scandinavi nel patto atlantico:

Il co-presidente del Congresso del Kurdistan, Ahmed Karamus, punta il dito sull’accordo con cui la Turchia ha tolto il veto all’ingresso nella Nato di Svezia e Finlandia in cambio del loro impegno nella lotta contro organizzazioni come Pkk e Ypg: “Preoccupato e deluso, siamo stati traditi” 
da SkyTg24

dal quotidiano turco Hürriyet

Il quotidiano turco Hürriyet ne pubblicò la lista, QUI il documento dell’accordo in dieci punti che cede alle richieste turche, inoltre a Svezia e Finlandia è fatto divieto di sostenere il popolo curdo in ogni possibile modo.

Resta solo da sperare, per gli esuli curdi, che la cosa non si perfezioni, ma di questo dubito fortemente.

Ricordiamo peraltro che la Turchia possiede il secondo esercito della NATO, dopo quello degli Stati Uniti, e che è stata spesso chiamata in causa, anche direttamente da Zelensky in particolare quando gli chiese di chiudere gli stretti alle navi russe.

Tayyp Erdogan avrebbe effettivamente potuto chiudere gli stretti sulla base della Convenzione di Montreux (1936), in cui Turchia, Francia, Grecia, Romania, Regno Unito e Unione Sovietica regolamentarono la navigazione ed il passaggio attraverso lo Stretto dei Dardanelli, il Mar di Marmara ed il Bosforo.

Alla fine di un impegnativo tira e molla Erdogan non li chiuse sostenendo che non poteva impedire il rientro della flotta russa, con ogni probabilità trattando con i suoi alleati proprio per evitare una escalation nel Mar Nero.

La Turchia è anche un importante fornitore militare per gli ucraini, soprattutto per i droni, insomma, il ruolo bizantino nella crisi attuale è quello di un protagonista.

Tornando però alla riflessione centrale sul Mar Glaciale Artico va sottolineato che tutte le grandi potenze attuali sono molto interessate, anche quelle che non si affacciano direttamente su di esso, come la Cina, non fosse altro che come via di comunicazione se non proprio di sfruttamento delle risorse, a cui pure è di certo interessata.

In questo quadro andiamo ad inserire il fatto che gli Stati Uniti, hanno reso noto il 26 agosto di aver nominato un “Ambassador-at-Large” per l’area dell’Artico, un “Ambasciatore Generale“.

An Arctic region that is peaceful, stable, prosperous, and cooperative is of critical strategic importance to the United States and a priority for Secretary Blinken.  As one of eight Arctic nations, the United States has long been committed to protecting our national security and economic interests in the region, combating climate change, fostering sustainable development and investment, and promoting cooperation with Arctic States, Allies, and partners.  To further American interests and cooperation with Allies and partners in the Arctic, and after extensive consultations with Members of Congress, local and federal government officials, and external stakeholders, the President plans to elevate the Arctic Coordinator position by appointing an Ambassador-at-Large for the Arctic Region, subject to the advice and consent of the Senate.

The Ambassador-at-Large for the Arctic Region will advance U.S. policy in the Arctic, engage with counterparts in Arctic and non-Arctic nations as well as Indigenous groups, and work closely with domestic stakeholders, including state, local, and Tribal governments, businesses, academic institutions, non-profit organizations, other federal government agencies and Congress.  The United States remains committed to constructive cooperation in the Arctic, foremost through the Arctic Council, and the Ambassador-at-Large will work in close partnership with the U.S. Senior Arctic Official, the federal Arctic science community, and the Arctic Executive Steering Committee.

We look forward to continuing our strong partnership with the Congress to swiftly confirm the Ambassador-at-Large, once a nomination is sent to the Senate.

Questa figura di “Ambasciatore Generale” è un particolare genere di diplomatico, di altissimo rango ma che, a differenza di un ambasciatore residente, non è limitato a un paese o un’ambasciata, questo è incaricato di operare in diversi paesi, in una area omogenea, di occupare un seggio in un’organizzazione internazionale o, infine, è dedicato a specifiche questioni.

Un “Ambassador-at-Large” è stato quindi nominato dall’amministrazione Biden per la nuova frontiera, che stavolta non è il West ma il Nord, fossi un eschimese non accetterei coperte in regalo da loro.

Nella foto ci sono due differenti immagini dell’Artico che rendono l’idea della opprimente presenza dei vari contendenti, la Russia in primis ― per importanza, dimensione e posizione ― ma anche il Canada e gli USA.

Insistono sull’area anche molte altre nazioni, meno importanti sullo scacchiere internazionale ma che, per motivi geografici, assurgono a un certo rilievo strategico, i paesi scandinavi in particolare, proprio come Svezia e Finlandia di cui abbiamo detto prima.

In conclusione, si prepara un tale cambiamento che non può non riguardarci tutti, e questo si sta realizzando mentre l’area interessata vive il conflitto ucraino con più intensità di qualsiasi altra, un conflitto che, a posteriori di questi brevi ragionamenti pare fin troppo legato a questo mare di ghiaccio.

Pubblicato su PlaymasterNews

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Illustrazioni Federica Macera