Ciao Maura (Nonna Maura NdA), sono Mario, mi hanno detto…
Sì, lo hanno investito e lo hanno sbattuto fuori dal Pronto Soccorso di San Giovanni perché non ha voluto fare il tampone…aspetta ti do il numero, chiamalo…
L’ho chiamato, per fortuna, a parte essere scosso e scioccato dal comportamento di chi doveva curarlo, mi sembra tenga duro, ecco cosa mi racconta.
Erano circa le 18:30 in Via di Torre Argentina quando un ciclista 55enne è stato travolto da una moto che non ha rispettato uno stop.
Il ciclista è rovinato malamente in terra sbattendo la schiena e la gamba. Le contusioni sono evidenti in particolare proprio sulla gamba e sulla caviglia. Si è quindi provveduto a chiamare un’autombulanza per trasportarlo, da prassi, al Pronto Soccorso ― e stiamo parlando di quello della Azienda Ospedaliera San Giovanni Addolorata.
Appena arrivato gli viene subito detto che deve farsi il tampone. Ora, bisogna dire che il ciclista è persona asmatica, che ha un profondo fastidio per questo tipo di esami, li trova insopportabili psicologicamente, la sua sensibilità emotiva viene scossa profondamente da questa pratica che non riesce ad accettare.
Questo però non è consentito in nome del “covid“, così come i mille altri presidi di civiltà che è stato sufficiente a sciogliere come un Calippo sulla spiaggia d’agosto, si trova però una quadra, il “paziente” ― perché ce ne vuole tanta davvero ― viene inserito nel percorso covid, un paradosso assoluto, la malattia fino a prova contraria ma tant’è, sembra una soluzione accettabile a tutti e si va avanti così.
Succede che però, all’accettazione, lo registrino sbagliando il cognome, lui se ne accorge e lo fa notare, sostiene correttamente che è necessario che sia corretto per tutto, dalle pratiche relative all’incidente come per qualsiasi altra cosa, ma si sente rispondere con sufficienza “quando esce lo facciamo” (intendendo “correggiamo” NdA), ecco che alle 21:30, dopo queste ore così piacevolmente trascorse, fra l’investimento e il rintuzzare le mille pressioni a “tamponarsi“, che il nostro osa addirittura, malconcio come si ritrova, alzare il busto ― rimanendo sempre sulla barella sia chiaro ― per insistere nel chiedere la correzione immediata delle sue generalità.
Queste sono richieste che un regime non può evidentemente accettare, così come non accetta il rispetto dell’essere umano non allineato, se poi addirittura pensa di vivere ancora in uno stato di diritto ― tipo quello ante-covid con tutti i suoi difetti ― allora il regime, nella persona sentitasi chiamata in causa, reagisce: “cosa fa provoca?” è stato il segnale convenzionale per scatenare l’inferno su quello che avevano il dovere di curare.
L’intero personale presente ha cominciato a dare addosso al malcapitato, infine un energumeno è passato alle vie di fatto, lo ha afferrato e trascinato di peso via dal Pronto Soccorso sbattendolo fuori con violenza.
Una violenza tale da lasciare i segni delle mani di questo animale sotto le ascelle, di certo quelli non se li è procurati atterrando sull’asfalto, sono i segni umani della disumanità.
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