venerdì 24/04/20
Mi sta succedendo una cosa assai gratificante.
Ho scritto un libro, da anni ormai, a cui tengo moltissimo, non fosse altro perché è il mio primo, il mio unico al momento, sperando sia una condizione destinata a mutare visto che continuo a scrivermi addosso, è più forte di me.
Come chiunque scriva qualsiasi cosa, sentivo il bisogno di farla leggere a per farmi dare un parere, meglio ancora se qualificato, ma va bene un qualsiasi parere esterno per cominciare. Questa è una fase che ho effettuato subito già all’epoca e, ovviamente trovandomi qua, ha riscosso diverse valutazioni positive, in alcuni casi quasi imbarazzanti, ma trovare un editore è stata un’esperienza assai frustrante, fino a qualche mese fa.
Oggi sto promuovendo questo testo che amo e mi trovo in una situazione bellissima e inaspettata. Succede che sto fornendo “assaggi” del mio libro a un pubblico più eterogeneo di quei beta tester che mi hanno chiarito le idee nelle prime fasi, sono diventato a tutti gli effetti uno spacciatore di parole, io spaccio “pagine” per vedere l’effetto che fa.
La cosa mi fa sorridere assai perché mi ricorda Paolo Rossi, quel gigante basso e troppo effimero dello spettacolo italiano, quando impersonava, appunto, uno “spacciatore di versi”.
Mi è capitata questa paradossale situazione con diverse persone, che incuriosite nel leggere le mie parole si sono poi, in qualche modo, appassionate.
L’impressione è un poco di quelli a cui gli si interrompe la serie TV preferita per un blackout inaspettato, li vedi spiazzati dall’interruzione, vorrebbero continuare e si sorprendono, sebbene sappiano perfettamente che le pagine stiano per terminare, che terminino.
Mi ritrovo con dei tossicodipendenti in astinenza, desiderosi di continuare, orfani delle mie parole.
Questa è una sensazione estremamente gratificante, è qualcosa che erode costantemente terreno alla mia insicurezza inscalfibile, che mi conforta sulla mia capacità di appassionare con pensieri srotolati in parole e lettere per essere codificati.
Ricordo sempre con riconoscenza e sorpresa uno scrittore famoso.
Lesse una trentina delle mie pagine, avevo fatto in modo che si sentisse in debito per non rifiutarsi e mantenne la parola.
Mi chiamò una mattina, qualche giorno dopo, prestissimo rispetto agli standard.
Mi chiese se potevo parlare, mi spostai in un posto più tranquillo e… parlammo.
Esordì dicendomi che, di solito, non ama leggere dal tablet, preferisce stampare su carta, cosa che era nei suoi programmi, ma quella sera decise senza troppa convinzione di dare uno sguardo alle prime righe, solo per una blanda curiosità.
Quello sguardo quasi annoiato divenne desiderio avido e continuò, continuò “fino quando sono finite le parole” mi disse ― mi vengono ancora i brividi a pensarci ― senza che se ne rendesse conto, sorprendendosi di essere stato portato lontano, di essersi abbandonato in quelle parole.
Quello che mi disse rappresenta ancora oggi (insieme alla postfazione di Salvatore Toscano) fra i ricordi più belli di questa ancora fragilissima avventura letteraria.
Quindi oggi io sono uno spacciatore di pagine.
Il potere che questi segni, messi in ordine e sequenza, suscitino sensazioni, ricordi, sentimenti, odori nel profondo del nostro animo è qualcosa di impetuoso e delicato, di magnifico, di sensuale, di vivo.
Abbiate cura delle parole che usate, perché sono strumento dell’animo.
Sulla pagina CONTATTI, la mia mail, i social, il canale Telegram
le informazioni per seguire la mia trasmissione L’OCCIDENTALE.
Per aiutare questo blog: