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Marine Le Pen è contro il globalismo?

Prepariamoci al testa a testa fra Emmanuel Macron e Marine Le Pen, vista come una perenne outsider, ma lo è davvero?

23/04/22

Le presidenziali francesi si decidono domani, fra i due candidati è un vero e proprio testa a testa, come andrà a finire? I due sono molto diversi fra di loro, allora facciamo un passo indietro, cerchiamo di capire meglio se e quanto sono diversi.

Fermo restando che il presidente in carica lo conosciamo bene da anni, da quando Jaques Attali lo ha tirato fuori dal suo cilindro, lui che ha sposato la sua insegnante del liceo, Brigitte, e che occupa l’Eliseo dal 14 maggio 2017.

Oggi però ritengo utile, dopo aver citato il discorso sul mondialismo di Jean Marie Le Pen in articoli precedenti, come Mont Blanc ad esempio, in cui ho inserito testualmente le stesse posizioni in favore degli stati nazionali professate dal Subcomandante Marcos, un uomo che dovrebbe essere l’esatta antitesi di questo 93enne ma non lo è affatto ― se riusciamo a pulire i concetti dalle forme diametralmente diverse di una destra e una sinistra tanto estreme ― in previsione del ballottaggio che impegna sua figlia, riportarlo integralmente.

Ho ritrovato in quello del Subcomandante Marcos molto di quanto diceva questo “residuato bellico” che risponde al nome di Jean Marie Le Pen, una incredibile convergenza degli opposti, comprendendo grazie a questo quanto profondamente andrebbe riletta la storia moderna ― almeno quella dell’ultimo mezzo secolo ― di fronte alle evidenze delle profezie (avverate) espresse da soggetti tanto diversi, e ce ne sarebbero molti altri che non voglio citare per non confondere fatti e concetti.

Ripropongo quindi il discorso tenuto ad Arras, nell’alta Francia, il 15 marzo 2009, per meglio comprendere da dove arrivi sua figlia Marine, che sfida il figlioccio del mondialista Jaques Attali, Emmanuel Marcon.

Intendiamoci, Marine ha commesso un feroce parricidio politico a danno di Jean Marie, stravolgendo, sotto l’apparente coerenza, la politica del Front National del padre (oggi Rassemblement National).

Marine Le Pen non è distante dal mondialismo ma si spaccia per tale, come se fosse in continuità con la linea paterna, in ogni caso è distante dal mondialismo di Macron e dell’occidente oggi al comando, quello di Biden e di Johnson, e pure lo stesso Macron appare “più ragionevole“, insieme all’omologo tedesco Olaf Scholz, riguardo la crisi bellica in Ucraina.

Ad ogni buon conto, leggendo questo discorso capiremo da dove arriva Marine Le Pen, ecco cosa sarebbe dovuta essere se ci fosse stata una vera continuità, una continuità che non esiste, una continuità che sarebbe stata dirompente ma che, pur nella sua inesistenza, non farebbe affatto piacere ai mondialisti che hanno gestito così malamente gli ultimi decenni.

Jean Marie era un convinto antimondialista, assai distante da me, però questo me lo rendeva molto più vicino, come del resto mi è distante anche il Subcomandante Marcos che però, avendo compreso la follia internazionalista comunista, mi offre importanti punti di convergenza.

Marine seguirà questo ideale o no?

Suppongo di no, purtroppo.

Nota: La traduzione sotto è integrale e lunga, alcuni passaggi sono evidenziati, se qualche passo non vi convince potete confrontarlo con il testo in lingua originale che ho inserito a seguire.

Dichiarazione del Sig. Jean-Marie Le Pen, Presidente del Fronte Nazionale, sulle responsabilità dell’Unione Europea nell’attuale crisi economica e sociale, Arras, 15 marzo 2009.

Testo integrale.

“Miei cari amici,

Miei cari compagni,

È con particolare gioia che mi ritrovo oggi davanti a voi, sinceri e calorosi militanti della grande causa francese, in questo casinò di Arras, sotto gli auspici benevoli del Campanile e della Cattedrale, mirabili testimoni del più bel classicismo gotico ed eterno fermenti della nostra civiltà, all’appuntamento dell’onore e della fedeltà.

Consentitemi di ringraziare, come è consuetudine, i vari uffici che hanno lavorato per il buon svolgimento della nostra Convenzione, nella persona dei loro responsabili:

  • Eric Stalens, Direttore Nazionale del DPS (Département protection sécurité del Front National, ora Rassemblement national, NdA);
  • Yann Le Pen, Direttore dei Grandi Eventi;
  • Oltre ai regionali di scena, i signori Bilde e Briois, consiglieri regionali del Fronte Nazionale, e tutti coloro che, in un modo o nell’altro, hanno contribuito alla buona riuscita di questa manifestazione.

Il mio ringraziamento va anche ai nostri relatori, di cui avete potuto apprezzare la qualità e la determinazione durante i loro interventi.

Infine, sono indirizzati a tutti voi, che avete fatto il viaggio e accettato gli sforzi finanziari necessari per assistere ai nostri lavori, voi senza i quali la nostra azione non avrebbe diffusione, nessuna portata, nessuna fiamma.

Sì, è una sfida, oggi, viaggiare, a proprie spese, il fine settimana, per assistere alla manifestazione di una formazione politica.

È una sfida, perché per la maggior parte dei nostri connazionali la crisi c’è e fa male.

Lo sanno tutti, tutti possono vedere chiaramente che il portafoglio si sta svuotando, che la disoccupazione esiste, che le attività stanno rallentando, insomma che l’orizzonte diventa cupo.

Come abbiamo annunciato, ancora una volta invano, la Francia sta attraversando la peggiore crisi economica che ha subito in un secolo.

Non è un rallentamento, non è una recessione, è una vera Depressione, la cui entità probabilmente supera quella del 1929, che resta nella memoria di tutti.

Non è facile rendersene conto. Innanzitutto, perché il governo continua a minimizzare.

Contro ogni buon senso, Madame Lagarde, ministro dell’Economia, ha affermato per la prima volta lo scorso ottobre che la crescita francese sarebbe stata compresa tra lo 0 e lo 0,4% nel 2009, mentre già allora l’Unione Europea parlava di -1,8% e di OCSE circa -1,9%.

A dicembre ha segnalato un possibile calo del -1%.

D’ora in poi la menzogna non è più sostenibile, e il ministro evoca un piccolo -1,5%, inferiore alle previsioni di tutte le organizzazioni specializzate.

Stesso discorso per la disoccupazione: per il quarto trimestre del 2008, ci è stato detto prima della creazione di 50.000 posti di lavoro, prima di battere in ritirata e parlare di 90.000 perdite di posti di lavoro: un famoso divario di 140.000 posti di lavoro, tutti uguali….

Veniamo all’ultima bugia sull’occupazione: quella che prevede solo 300.000 disoccupati in più nel 2009, mentre Madame Lagarde sa benissimo che, ahimè, ne avremo almeno il doppio.

Per quanto riguarda il deficit di bilancio, stessa politica dei piccoli passi: prima ci è stato detto 3,8% del PIL, ovvero 56 miliardi di euro, poi il signor Woerth, ministro del Bilancio, ha parlato a fine febbraio del 4,4% del PIL. Una decina di giorni fa, le indiscrezioni suggerivano che il deficit sarebbe stato superiore al 5,5% del PIL, ovvero quasi 100 miliardi di euro, ovvero 660 miliardi di franchi!

Mi verrà detto che in tempi di crisi lo Stato deve spendere per sostenere l’attività.

Ma il problema è che i governi francesi sono sempre in deficit, sia che ci troviamo in un periodo di crescita o di crisi: la prova, dal 1980 non un bilancio è stato in attivo, e nemmeno in pareggio. .

E il deficit di oggi, finanziato dal debito delle autorità pubbliche, è il debito dei nostri figli di domani (questa, nella mia personale opinione, è una grande castroneria NdA).

A meno che le autorità pubbliche non abbiano capito, come noi del Fronte Nazionale, che si prepara un’altra crisi finanziaria e monetaria, molto più grave, che si verificherà nei prossimi mesi, rovinando tutte le banche, e magari essere tutti piccoli risparmiatori, e portando sulla sua scia un’esplosione di inflazione che cancellerà i debiti dei governi lassisti.

Sarebbe ingiusto se, grazie all’inflazione, la classe politica attuale venisse esonerata, domani, dalle responsabilità che gli spettano per gli errori di ieri e di oggi. Tanto più ingiusto in quanto il rialzo dei prezzi, invece, penalizzerà ancora una volta i francesi.

Speriamo che ciò non avvenga, con qualche possibilità di essere ascoltati dal Cielo, che sa mostrare di volta in volta che il peggio non è sempre certo.

Si dice che governare è prevedere. Ma in verità i nostri governanti non vedevano arrivare la crisi, non ne prevedevano né l’approssimarsi né la gravità.

Tuttavia, l’enorme indebitamento degli Stati avrebbe permesso di prevederlo prima o poi.

la spesa vertiginosa degli Stati Uniti, che hanno finanziato il proprio imperialismo militare, diplomatico e sociale prendendo prestiti dal resto del mondo, in primis dalla Cina, utilizzando e abusando del fatto che il dollaro è la valuta di conto globale.

Anche quello della Francia, il cui debito pubblico è passato dal 1980 al 2007 da 90 a 1200 miliardi di euro. Eppure questa cifra di 1200 miliardi di euro è solo la cifra ufficiale. Se si sommasse anche il debito delle società pubbliche, che in caso di crollo spetterebbe anche al contribuente, il debito totale supera i 2400 miliardi di euro.

E che dire del servizio del debito annuale, che lo scorso anno ha raggiunto la cifra sbalorditiva di 45 miliardi di euro!

La crisi è figlia naturale del globalismo, un’ideologia che idolatra la globalizzazione invece di controllarla ove possibile.

Gli apprendisti stregoni che avevano il progetto di distruggere le Nazioni per costruire il sogno da incubo del villaggio globale, l’utopia di un mondo egualitario – ma dove comunque ci sarebbero persone più o meno uguali – senza differenza di razza – ma dove ci sarebbero alcuni che avrebbero il diritto di mantenere la propria integrità mentre gli altri sarebbero fortemente incoraggiati a mescolarsi -, senza differenza di sesso, religione o opinione, tutti vincolati, compresi dalla legge e minacciati di sanzioni penali credere nella vulgata antirazzista e sottomettersi al Pensiero Unico.

Questi apprendisti stregoni hanno condotto il mondo alla rovina, i popoli alla miseria e forse domani alla guerra.

L’Unione Europea è stata, per quanto ci riguarda, uno dei vettori di questa catastrofe, sacrificandosi all’illusione che unendo le debolezze e collettivizzando i popoli d’Europa, si sarebbe riusciti a creare uno Stato oligarchico sul modello americano, senza vedendo, o, per alcuni, sperando nell’abbandono della Nazione, l’abolizione dei confini, la perdita della nostra sovranità politica, militare e monetaria rompendo la fioritura nazionale e l’omogeneità del popolo francese, sulla via – anche di sommersione dall’immigrazione da un Terzo Mondo affamato e conquistatore.

Era però evidente, come ripetiamo instancabilmente da anni, che un’umanità cresciuta da 1 a 7 miliardi di abitanti in un secolo, sarebbe stata profondamente sbilanciata. Di conseguenza, l’Europa, continente devastato dalla bassa natalità, è il campo di espansione di un’immigrazione sempre più massiccia poiché la sovrappopolazione degli altri continenti aggrava una miseria già latente.

La vertigine della decadenza si è impadronita delle menti e in primis di coloro che le governano, élite corrotte dominate e disposte a credere nel Pensiero Unico.

Nello stesso momento in cui i principali servizi pubblici si stavano deteriorando, sotto la pressione esterna o la sovversione interna, l’esercito, l’istruzione nazionale, la moralità pubblica e privata si stavano deteriorando sotto l’impatto dei moderni mezzi di comunicazione, la televisione e Internet.

L’illusionista che per noi prende il posto di Presidente, aveva cinicamente usato la fine della campagna, il discorso nazionalista che, fino ad allora, teneva solo, contro venti e maree, obbrobri e persecuzioni, il Front National, con la testa alta e le Mani Pulite.

“Non lascerò il monopolio della Nazione all’estrema destra che la difende così male (sic)”, ha dichiarato pubblicamente.

La metà dei nostri elettori è stata indotta con l’inganno a dare un voto utile confidando di battere con lui il candidato socialista, accontentadosi dell’uovo e lasciando la gallina.

Come era prevedibile, il candidato vestito di tricolore, una volta eletto, non ha mai smesso di spogliarsi del ruolo recitato per perseguire una politica antinazionale ripetendo strategia del ’58 del generale de Gaulle, richiamato al potere. Algeria, e che, in cinque anni, ha fondato Algeria fellagha.

Guardando più da vicino, però, dalla campagna presidenziale, avrebbero potuto vedere che Sarkozy era un giovane cavallo defilato, nella politica della Quinta Repubblica da 35 anni.

Avrebbero potuto anche vedere che, come ministro nei 5 anni precedenti le elezioni, è stato uno dei primi responsabili della politica di decadenza con cui ha avuto il coraggio di proclamare una rottura.

Per questi come per altri la verità è essenziale e bisogna chiamare la vanga, la vanga, i disertori, coloro che rinunciano alla lotta quando diventa più difficile e meno redditizia, e traditori coloro che non esitano a non cercare di indebolire il movimento nazionale in un periodo difficile della sua vita e soprattutto in periodo elettorale.

Infine, qualifico come bugiardi coloro che, al potere, non esitano a falsificare le cifre per nascondere la portata dei loro errori e quindi fuorviare gli elettori.

Sì, è tutto sbagliato, nella comunicazione del governo:

  • dati patrimoniali bancari, per nascondere l’entità del disastro;
  • Le cifre dei prelievi obbligatori, che assorbono più della metà della ricchezza nazionale;
  • I dati dell’aumento dei prezzi, ovviamente superiori al 2,8% di INSEE, che si vede andando a fare la spesa, pagando l’assicurazione o andando a fare il pieno;
  • I dati sull’immigrazione, che continuano ad affluire al ritmo sbalorditivo di 450.000 ingressi reali e definitivi all’anno;
  • Le cifre dell’insicurezza, due volte più alte di quanto ci viene detto;
  • I dati della popolazione residente in Francia, più vicina ai 69 milioni di persone che ai 63 dell’INSEE, a causa dell’immigrazione di massa;
  • Dati sulla ricchezza pro capite, molto più bassi di quanto afferma l’INSEE, proprio perché la popolazione è molto più numerosa di quanto annunciato.

Di fronte a questo disastro, non basta dire, come fanno i pesi massimi mediatici del governo o dell’UMP, che stiamo soffrendo per la crisi mondiale, che il governo non c’entra niente, che la Francia è presa in un’interdipendenza la cui origine è spontanea o naturale….

Questo discorso, non riempie il piatto dei 5 milioni di disoccupati reali del Paese.

Non riempie i portafogli dei 7 milioni di poveri, dei 5 milioni di beneficiari della Cmu, del milione di Rmistes, o dei 600.000 titolari della vecchiaia minima.

Questo discorso, non è più accettato dalla classe media, la vacca da mungere del prelievo fiscale, che non riesce più, da tempo, a sbarcare il lunario.

Non è più accettato da artigiani e commercianti, vittime di piccoli accordi tra politici e distributori, e condannato alla scomparsa dall’installazione, domani, di “mini supermercati” nei centri cittadini.

Non è più accettato da contadini e pescatori, professioni che stanno scomparendo, per perdita del lavoro o suicidio, costretti a lavorare in perdita per 5 anni dai distributori che li strangolano.

Non è più accettato dai dipendenti condannati a lavoratori interinali e disoccupati, che vedono che in 25 anni la Francia è diventata un deserto economico.

L’elenco è lungo, onorevoli colleghi, dei settori mancanti:

  • Miniere di carbone, ferro, bauxite
  • L’industria siderurgica
  • Metallurgia
  • Fonderie
  • Costruzioni navali e riparazioni
  • Armamento
  • Il tessile
  • L’industria dei cicli e dei motocicli
  • L’industria degli elettrodomestici: lavatrici, frigoriferi, ecc.
  • L’industria dei prodotti marroni: macchine fotografiche, televisori, apparecchiature Hi-Fi
  • L’industria dei giocattoli
  • Settore calzaturiero
  • L’industria delle armi da caccia
  • L’industria dell’orologeria
  • Per non parlare dell’automobile, dell’ottica e della telefonia che entrano in agonia
  • E senza dimenticare, ahimè, la pesca moribonda, e 2/3 dei settori agricoli, in agonia.

Diamo uno sguardo più da vicino a questi due ultimi casi, particolarmente emblematici della nostra decadenza.

Nel 1964 avevamo 5 milioni di contadini. Dopo 45 anni di PAC non ne sono rimasti più di 600.000.

E il peggio ci aspetta…

Infatti, nel 2013, la Francia dovrà rispettare gli standard agricoli dell’Organizzazione mondiale del commercio…

Queste norme presuppongono lo smantellamento dell’agricoltura francese ed europea, la riduzione degli aiuti diretti e il divieto di aiutare i nostri produttori.

Distruggeremo così le nostre tradizioni locali, culturali, culinarie, il nostro modo di vivere per prepararci al meglio al grande incrocio internazionalista per essere identici in tutti i punti del globo e per soddisfarci con gli standard di consumo previsti dal Nuovo ordine mondiale.

Niente più formaggi a latte crudo, ritenuti non idonei al consumo.

Finito l’imprescrivibile diritto di caccia, perché le piaghe trionfano a Bruxelles!

Questa è una vera operazione di sovversione rivoluzionaria!

L’agricoltura e lo stile di vita rurale sono al centro dell’identità francese. I nostri paesaggi, i nostri terroir, le nostre fattorie e le nostre culture sono il risultato di più di un millennio di lavoro e di attenzione. Sono il prodotto di una tradizione rinnovata, quella che prende il meglio della modernità. Si chiama genio, è qualcosa che sfugge agli ecologisti dei saloni, che sono più rossi che verdi.

Quindi le cose sono chiare. Non accetteremo mai la fine dei nostri contadini, la distruzione calcolata dell'”anima” dei nostri paesi e il pericolo delle nostre popolazioni nel contesto di una crisi alimentare globale.

Quanto ai pescatori poveri, il prezzo insopportabile del diesel ha un impatto diretto sul loro reddito. Costretti dall’Europa a selezionare quantità e catture, i nostri professionisti devono pescare sempre di più e quindi consumare più carburante e tempo.

Un circolo vizioso che porta al fallimento. C’è anche il problema del primo prezzo di vendita del pesce – vale a dire il prezzo di vendita ai grossisti – allo stesso livello da 20 anni!

Anche in questo caso, se per i consumatori il prezzo è caro, è perché non dei pescatori ma dei distributori!

In una parola, se dovessi riassumere la situazione dell’agricoltura e della pesca, direi che ieri la Francia ha esportato il suo latte e il suo pesce: oggi è un importatore netto in queste due aree.

Quindi, onorevoli colleghi, dobbiamo dire ancora una volta la verità ai nostri connazionali: i tempi a venire saranno difficili, sono inevitabili riduzioni strazianti del tenore di vita, se continuiamo la politica seguita da 25 anni da destra e sinistra unite , la politica di pura e semplice abolizione dei nostri confini fisici, commerciali, migratori, sanitari e internazionali.

Questa politica di abolizione dei nostri confini, questa politica di integrazione mondiale della Francia, non è caduta dal cielo. È stata l’Europa a imporla.

Ecco perché lo chiamiamo “euroglobalista”.

Questa politica, che ha dimostrato la sua nocività e la sua pericolosità, è stata respinta dai francesi il 29 maggio 2005, dicendo massicciamente no al referendum sulla Costituzione europea quando la stragrande maggioranza dei politici ha chiamato, contro di noi, a votare Sì.

Da allora è stato eletto Nicolas Sarkozy, che non smette mai di rimettere in carreggiata questa Europa sovranazionale, ma senza forza, senza motore, senza anima.

Sta sprecando il suo tempo e il poco credito che gli è rimasto.

Perché i francesi, onorevoli colleghi, non accettano più quell’Europa.

È proprio la negazione della vera Europa, che ci viene imposta al termine di un vero sovvertimento dei valori.

Infatti, immaginata e presentata per la prima volta come un anello di congiunzione tra i popoli dopo le grandi guerre mondiali, l’Europa geopolitica ha presto lasciato il posto a un’Europa economista e materialista.

Fu, dopo la seconda guerra mondiale, l’inizio della nostra decadenza politica, militare e morale, accelerata dalla decolonizzazione e dalla diffusione del veleno di sinistra tra le popolazioni negli anni ’60.

Poi è esplosa la società dei consumi e del tempo libero. La ricerca di nuovi mercati ha portato alla globalizzazione delle economie, che ha accelerato sotto l’impulso delle multinazionali.

Era quindi necessario smantellare i confini economici, aumentare la soddisfazione dei bisogni, ammutolire le persone attraverso la pubblicità e il livellamento, al servizio esclusivo degli speculatori internazionali.

La classe politica ha difeso e promosso questo mondo-Europa, aperto a tutti i venti di dumping monetario, fiscale e sociale dei paesi a basso costo del lavoro.

Dopo la creazione di un mercato comune senza frontiere, il progetto dell’Unione Europea consiste ora nell’instaurazione di una dittatura burocratica attraverso il SuperStato europeo.

L’avevo sentito già nel 1957, all’inizio del processo, quando votai contro il Trattato di Roma.

Sì, sin dall’inizio avevo percepito i rischi di deriva che questo progetto portava al suo interno, leggendo i suoi promotori, i Monnet, i Coudenhoves-Kalergi che sognavano di costruire gli Stati Uniti d’Europa, come gli Stati Uniti d’America.

Come se potessimo ridurre l’Italia alla Florida, la Germania alla California e Parigi a New York!

Avevo sentito che la Francia, lo Stato, le nostre libertà, le nostre tradizioni sarebbero state presto smembrate e poi inghiottite in un terribile malstroëm.

Avevo capito che si rischiava di perdere il controllo del processo, ed è quello che è successo, prima con il continuo allargamento dell’Europa, l’Europa a 6, a 15, a 27, più l’ingresso della Turchia già programmato, e poi per via Euro-giacobinismo, che oggi ci governa efficacemente.

Da vent’anni, infatti, questa deriva accentratrice c’è qua e là, quando 33.000 funzionari europei ci spogliano metodicamente di tutti i nostri strumenti di governo, di tutti i nostri poteri decisionali, di tutta la nostra libertà di scelta.

Siamo stati privati ​​del nostro potere fiscale di decidere sulle tasse, del nostro potere di bilancio, di spendere i nostri soldi come desideriamo, del nostro diritto di coniare denaro e persino del potere di fare le nostre leggi.

E quello che percepiamo dall’Europa non viene dal Cielo, ma da quello che paghiamo, noi stessi, noi cittadini francesi che possiamo essere costretti a ringraziarvi, noi contribuenti che possiamo fare pressioni a piacimento!

Quello che pochi sanno è che il nostro contributo annuale all’Europa serve soprattutto alla nostra stessa distruzione.

Il libero scambio e l’ideologia arbitraria di Bruxelles smantelleranno infatti il ​​nostro modello economico e sociale, un modello fragile che si è costruito su difficili compromessi e che è il frutto storico di una lunga lotta politica, popolare, scientifica e morale.

Il nostro Paese è stato infatti costruito grazie al sudore, alle lacrime e al sangue versato dai nostri avi, quei milioni di francesi che con millenaria fatica avevano forgiato una grande nazione e ci hanno dotato di un inestimabile patrimonio comune.

Questo risultato, questa eredità viene ora sacrificata.

Giudicate voi stessi:

  • L’Europa ha ristabilito il lavoro notturno per le donne, abolito nel XIX secolo
  • L’Europa ha abolito il divieto di lavorare la domenica
  • L’Europa autorizza i lavoratori polacchi in Francia a lavorare alle condizioni del diritto sociale polacco.

L’euro, tanto lodato dalla classe politica prima della sua creazione, sta gradualmente creando un vero e proprio incubo sociale.

L’abbandono del franco a favore della moneta unica ha portato per la prima volta a un aumento dei prezzi senza precedenti dalla sua attuazione nel 2001: dal 30 al 250% di aumento sulla maggior parte dei prodotti di base!

Non è tutto. La sopravvalutazione della moneta unica, ovvero il suo tasso di cambio troppo elevato rispetto alle principali valute estere, penalizza le nostre esportazioni. 7 anni dopo l’euro, questo è il sesto anno consecutivo in cui la nostra bilancia commerciale nazionale è fortemente in disavanzo, mentre prima dell’euro era in attivo.

Infine, già vittime di un delirante tassazione nazionale, i nostri connazionali sono sempre più soggetti al tassazione europeo, ribattezzato “tassismo cittadino” nella Bruxelles politicamente corretta.

Tutta la tassazione verde, cioè ecologica, è di origine europea.

E a breve viene annunciata un’imposta sul reddito europea!

Quindi le cose sono chiare, stiamo vivendo un’insicurezza economica e sociale a beneficio esclusivo delle multinazionali.

In effetti, Bruxelles ha agito da staffetta, pura e semplice, dell’Organizzazione mondiale del commercio, consegnando così le nostre aziende ei nostri lavoratori alla concorrenza internazionale sleale.

È in questo quadro che si inserisce il ricorso all’immigrazione per lavoro e insediamento, per liquidarci.

Quindi ci viene detto che ci sarebbe una carenza di manodopera e che l’immigrazione planetaria permetterebbe di uscire dalla crisi economica e demografica.

Con l’istituzione della “carta blu europea”, come la carta verde americana, l’immigrazione legale viene presentata dagli europeisti come il mezzo ultimo per superare la mancanza di manodopera qualificata e una possibilità per l’Europa in termini di rinnovamento demografico.

Così, invece di decidere politiche pro-nataliste e una migliore formazione e orientamento per i giovani, ci appelliamo alla cosiddetta immigrazione legale, mentre l’integrazione delle popolazioni straniere extraeuropee è un fallimento che si osserva ovunque in Europa.

Tale immigrazione costituirebbe tuttavia, si dice, un contributo positivo dal punto di vista economico, sociale e culturale.

Ma chi può ragionevolmente crederlo?

  • La società si è impoverita, in particolare a causa del crescente peso degli immigrati che ne dipendono.
  • Infatti, abbiamo accolto 10 milioni di immigrati in 35 anni,
  • L’immigrazione ci costa 70 miliardi di euro all’anno

I nostri valori e la nostra religione sono messi in discussione da quelli degli immigrati, le nostre strutture collettive – asili nido, scuole, alloggi – sono saturate, la pace civile è minacciata ovunque, l’insicurezza sta esplodendo….

Chi può credere, chi vuole ancora credere che l’immigrazione sia un’opportunità per la Francia?

A parte i politici europei, nessuno!

Pertanto, poiché questo discorso non è più sostenibile, ce ne viene servito un altro.

Siamo stati costretti a rinunciare ai nostri confini nazionali, in cambio, si diceva, di una protezione più forte alle frontiere europee.

Ahimè, come avevo percepito ancora una volta, le nostre nazioni sono state tradite.

Infatti, quando i nostri confini nazionali sono caduti, con il Trattato di Schengen, le frontiere esterne europee inesistenti non ci hanno protetto, né in Bulgaria, né alle Isole Canarie, né da nessuna parte…

Con Schengen, l’Atto Unico, Amsterdam, Nizza, Lisbona, è la libera circolazione dei clandestini!

È in virtù dell’abolizione dei confini nazionali e della libera circolazione all’interno dell’Europa che i 1.400.000 clandestini regolarizzati in Italia e Spagna tra il 2004 e il 2006 hanno il diritto di circolare e stabilirsi liberamente in tutta Europa.

Oltre all’immigrazione, lo spazio Schengen consente anche la libera circolazione del terrorismo, della criminalità organizzata e di ogni forma di tratta. Non è il progetto di controllo europeo “Frontex”, un nome che suona come una marca di stoviglie, che può sostituire la comprovata efficacia dei controlli statali e dei confini nazionali.

Nonostante questa flagrante incapacità di affrontare l’immigrazione clandestina e la criminalità organizzata, si prevede di trasferire tutti i poteri in materia di immigrazione all’Unione europea. È il rafforzamento dei poteri di una burocrazia incapace o complice dell’invasione.

Tutta la legislazione europea è immigrazionista, che moltiplica gli obblighi imposti agli Stati in materia di diritto di asilo, alloggio, istruzione e salute, senza dimenticare l’eterna consacrazione del diritto al ricongiungimento familiare.

Come potete vedere, onorevoli colleghi, l’Europa ha così aggravato i nostri mali: l’impennata migratoria, l’insicurezza permanente, la disoccupazione generalizzata e la messa in discussione delle nostre protezioni sociali.

Questa non è una coincidenza.

Bruxelles vuole sopprimere le nazioni per seguire la logica euroglobalista.

Per questo, abbiamo bisogno di un’Europa indebolita, che ha perso la sua anima e ridotta al rango di una regione di consumo di massa all’interno dello stato mondiale dominato dalle potenze finanziarie.

La fondazione di questa Europa passa quindi attraverso l’adozione di una costituzione o la sua rifusione in un Trattato di Lisbona. Un progetto che, chiaramente, smantella quel poco che resta alle nazioni per consegnare i popoli e le loro ricchezze al nuovo ordine mondiale.

Sì, onorevoli colleghi, stiamo soffrendo della dittatura internazionale dei consumi, stiamo soffrendo del governo globale dell’iperclasse globale, questa nuova classe dirigente transnazionale.

Questo potere globalista è spietato, demonizza o punisce i popoli refrattari come la Serbia e l’Iraq ieri, forse l’Iran domani.

Allora mi dici cosa fare?

Innanzitutto, non commettere errori….

La falsa opposizione degli antiglobalizzazionisti, internazionalisti favorevoli al marxismo e agli incroci obbligatori, come il postino dell’NPA, i Verdi o Bové, questa falsa opposizione, come ho detto, non deve trarre in inganno.

Anche questi sono globalisti, e anche i preziosi ausiliari dell’ideologia globale, poiché grazie a loro ha una parte di sinistra.

Gli alter-globalisti, cioè i globalisti di sinistra, sono “Tartuffo” (ipocriti dall’opera “Tartuffe ou l’Imposteur” di Moliere NdA)e abbiamo il dovere di spiegare ai nostri connazionali che il globalismo è intrinsecamente perverso.

Sì, siamo patrioti che vogliono mettere al sicuro prima la loro gente, piuttosto che intraprendere folli avventure il cui corso può solo portare al caos.

La Patria può essere salvata solo se rompiamo con i compromessi ei tradimenti del sistema in atto.

Non è il caso, come ben sapete, di Philippe de Villiers, che, fedele alle sue abitudini, aggancia ancora una volta il suo tender dietro una locomotiva miliardaria, anche se quest’ultima è, come Ganley, sospettata di essere una farmacia americana, ed inoltre favorevole all’ingresso della Turchia in Europa e al completo primato militare della NATO.

Con il coniglio alla cacciatora in salsa irlandese, attenzione all’indigestione!

No, onorevoli colleghi, per salvare il nostro Paese, dobbiamo prima essere liberi e indipendenti.

Poi lo Stato deve essere lo Stato, deve essere presente come forza protettiva, come forza arbitrale, esso solo incarna il potere legittimo.

Tuttavia, al contrario, oggi moltiplica i segni di debolezza.

La crisi sociale e politica ha innescato un processo rivoluzionario nelle Indie occidentali.

Infatti, scavalcando le assemblee degli eletti e dei sindacati, un’organizzazione di circostanza, costruita secondo la tecnica dei soviet, guidava gli eventi e obbligava le autorità a negoziare con essa.

L’LKP e il suo leader Domota hanno imposto, a spese del contribuente, la firma delle autorità politiche a un accordo di 131 punti, un vero e proprio inventario à la Prévert.

I maggiori sindacati dei datori di lavoro, avendo rifiutato di firmare, sono stati costretti a farlo dallo Stato, che l’ha esteso a tutti, mentre questo accordo salariale era stato firmato solo da pochi sindacati ultraminoritari.

Questo atteggiamento indegno delle autorità pubbliche aumenta ovviamente il rischio di forti disordini nei dipartimenti e nei territori francesi d’oltremare.

Dopo aver tenuto la popolazione dell’isola sotto minaccia e violenza, l’LKP ora afferma di scacciare da questo dipartimento francese le compagnie che non obbediscono ai suoi ukase.

Se la corrente si interromperà, e andrà giù, come ha sempre fatto, il fuoco si diffonderà presto, dopo Martinica e Riunione, alla Francia metropolitana.

Quindi, onorevoli colleghi, dietro di noi e alla nostra chiamata, la gente deve parlare di nuovo. E chi meglio di te, attivisti e simpatizzanti del Fronte Nazionale, può esprimere i sentimenti dei francesi. Chi meglio di te può dire cosa vogliono i nostri connazionali e soprattutto cosa non vogliono!

Non vogliamo un cavallo di Troia Europa dei fondi di investimento anglosassoni.

Insieme, blocchiamo la strada ai bankster e agli altri squali della finanza internazionale!

Non vogliamo nemmeno un setaccio l’Europa, che ci consegna legati all’ondata di migranti e di gruppi terroristici internazionali!

Insieme, alziamo lo stendardo della resistenza, il tricolore contro l’invasione!

Non vogliamo un’Europa vassallata, soggetta alla volontà di potenza mondiale degli Stati Uniti d’America.

Insieme, gridiamo la nostra voglia di indipendenza, nel nome dei nostri padri, nel nome dei nostri figli, nel nome di tutto il nostro popolo!

Infatti, dalla creazione della politica estera e di sicurezza comune, la nostra difesa si è progressivamente trasferita all’Unione europea, cioè all’estero.

Ma l’Unione Europea avendo per vocazione solo quella di essere un pezzo dell’Impero Globale, perché mai avrebbe bisogno della sua indipendenza diplomatica e militare?

Più di un millennio di indipendenza nazionale viene quindi liquidato e abbondano gli esempi della nostra umiliazione:

  • in primo luogo, la partecipazione alle guerre americane in Iraq e Afghanistan,
  • Poi la reintegrazione della Francia nell’organizzazione militare integrata della NATO, che completa il nostro allineamento, la nostra sottomissione, il nostro vassallaggio agli Stati Uniti.

Non è emblematico che proprio il giorno del discorso di Nick Sarko, la portaerei Charles de Gaulle si è rotta?

Sarà poi la scomparsa programmata del seggio francese nel Consiglio di Sicurezza dell’Onu a favore dell’Unione Europea.

La politica estera dell’Unione Europea consisterà nel fare uno strumento militare comune, il fianco occidentale del grande esercito mondiale che Washington guiderà domani, al servizio dei suoi interessi esclusivi.

La mediazione francese, la sua capacità diplomatica di risoluzione dei conflitti, viene così gradualmente distrutta a favore del superstato europeo, vassallo degli Stati Uniti d’America.

È questa l’Europa che vogliamo?

Accettiamo questo declino militare e internazionale?

E al di là della Difesa, accettiamo la decadenza morale che ci è imposta?

Basta leggere i titoli delle relazioni presentate dalla Commissione Cultura del Parlamento europeo per misurare la loro grande povertà e rendersi così conto del disprezzo abissale che gli eurocrati hanno per il genio della cultura europea e la sua infinita ricchezza.

Bruxelles si preoccupa di più di indottrinare la popolazione attraverso l’antirazzismo militante.

Almeno metà della politica sociale europea è dedicata alla lotta contro la discriminazione razziale o sessuale.

Come vi dicevo, si fa di tutto per favorire gli immigrati, per combattere le discriminazioni subite da omosessuali o donne, senza dimenticare i programmi di educazione sessuale, iniziando possibilmente dalla scuola primaria.

L’Europa di oggi è la dittatura delle minoranze, la discriminazione della maggioranza, la promozione di una società dei consumi permissiva in tutti questi eccessi, al punto da voler punire chi manifesta la propria opposizione al matrimonio omosessuale.

Inoltre, nel vocabolario europeista, non si parla più di genitori, ma, cito, di “adulti civilmente responsabili di un figlio minore“, che ovviamente apre la strada all’adozione di bambini da parte di adulti dello stesso sesso.

Dunque, miei cari connazionali, le cose sono chiare: l’Europa di Bruxelles è senz’anima, senza identità e senza valori diversi da quelli di un globalismo standardizzante e degenerato.

Si rifiuta perfino di precisare nella propria costituzione che alla base della sua ispirazione ci sono le radici cristiane della civiltà europea…

Si tratta di un’ulteriore vigliaccheria fatta in nome della tolleranza e non per scandalizzare atei e laici, ma soprattutto le popolazioni non cristiane presenti sul suolo europeo ei turchi, candidati all’adesione.

Sulla Turchia, Sarkozy ha ingannato ancora una volta il suo popolo.

Ha lasciato e ha persino incoraggiato la commissione Balladur ad abolire il referendum obbligatorio che era stato scritto nella Costituzione francese per qualsiasi nuova adesione all’Unione europea dopo la Croazia.

È vero che i sigg. Kouchner e Jouyet, rispettivamente Ministro degli Affari Esteri e Segretario di Stato per gli Affari Europei, sono forti sostenitori della Turchia.

In questa corsa infernale verso la distruzione della nostra civiltà e dei valori che un tempo l’hanno resa grande: onore, coraggio, lavoro, rispetto, fede, non è mai troppo tardi per agire.

Il NO irlandese, dopo il NO francese e quello olandese, è il segnale di partenza per la riconquista della nostra sovranità e della nostra grandezza e per l’instaurazione di un’altra Europa!

La nostra posizione è chiara. Durante tutta questa campagna, e più in particolare in occasione della festa di Giovanna d’Arco, tra poche settimane, il 1° maggio, ci incontriamo, quante più persone possibile, per dire No, e anche dieci volte No.

NO all’Europa sovranazionale e burocratica!

NO all’Europa dell’impoverimento!

NO al Trattato di Lisbona!

NO alla Turchia in Europa!

NO a Sarkozy!

SI all’Europa delle nazioni e dei popoli liberi!

Sì, onorevoli colleghi, stiamo pensando a un’altra Europa, un’Europa di cooperazione tra le nazioni, un’Europa di protezione contro la globalizzazione, un’Europa di patrie, un’Europa potente, indipendente e rispettata che comprenda le nazioni del continente settentrionale da Brest a Vladivostok .

Rivendichiamo il genio europeo, la civiltà della libertà, il continente degli uomini retti e dei popoli liberi, cioè sovrani.

Questa Europa, Europa del cuore e della storia, dei valori e delle tradizioni,

Questa Europa della cooperazione, fatta da Stati-nazione che conservano la loro sovranità, vale a dire i loro poteri politici essenziali, la difendiamo naturalmente.

Questa Europa va, come diceva il generale de Gaulle, dall’Atlantico agli Urali, fino a Vladivostok, disegnando l’arco settentrionale della nostra solidarietà culturale e dei nostri interessi comuni.

Europa, civiltà della persona, nata nella Cosa, assemblee germaniche di uomini liberi, tremila anni fa,

Questa Europa arricchita dalle culture greca e latina, ingigantita dal cristianesimo, sublimata dal Rinascimento,

Questa Europa trasmessa di generazione in generazione fino a noi e ai nostri figli, include ovviamente l’immensa Russia.

Francia, Germania, Italia, abbiamo tutti bisogno delle gigantesche risorse di combustibili fossili della Siberia.

La Russia, dal canto suo, entrata da tempo nella gelida notte dell’inverno demografico, ha bisogno di uomini, ingegneri, lavoratori, coloni, per sviluppare lo spazio siberiano e contenere l’espansione demografica naturale della Cina.

La Grande Europa continentale ha indubbiamente le dimensioni critiche per controbilanciare la superpotenza americana e contribuire all’equilibrio delle forze che è la migliore garanzia della pace mondiale.

Questa Europa del genio europeo, questa Europa dei popoli liberi, si basa soprattutto sulla nazione, un fatto di natura, un fatto di cultura, un fatto di spiritualità.

In Francia, siamo stati i primi a capirlo. E abbiamo mostrato la strada.

La nazione è e rimane, come ci ricorda molto opportunamente questo momento di crisi, il quadro più efficiente per l’intervento economico, il quadro più efficiente per mettere in gioco la solidarietà sociale, il quadro più efficiente per proteggere la nostra identità e la nostra sicurezza, la nostra cultura e la nostra anima.

La nazione, ridicolizzata, disprezzata, venduta, è tornata!

Ricordiamo, insieme, a coloro che pretendono di governarci, il nostro diritto fondamentale all’autodeterminazione!

Imponiamo loro il nostro diritto di rimanere noi stessi!

Lontani dai pericolosi e malsani flussi della finanza internazionale, costruiamo l’economia di mercato nazionale di cui abbiamo bisogno per garantire il futuro dei nostri figli!

È per questa grande ambizione francese, europea e mondiale che conduciamo la lotta politica,

È per amore del nostro popolo e della nostra terra, che io chiamo il nostro esercito, tutte le nostre legioni di militanti e simpatizzanti, al di là delle liti degli uomini, al di là della stanchezza, al di là dei doveri e degli obblighi di tutti, avanzare in ranghi serrati per il battaglie elettorali del 2009 e del 2010.

Che la Guardia dia l’esempio per il resto dell’esercito!

Possa mostrare al nemico la determinazione del popolo di Francia!

Viva la Vittoria!

Viva il Fronte Nazionale!

Lunga vita alla Francia !

Fonte http://www.frontnational.com, 23 marzo 2009

Più sotto trovate la versione in lingua originale.

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Per aiutare questo blog:

Illustrazioni Federica Macera

Déclaration de M. Jean-Marie Le Pen, président du Front national, sur les responsabilités de l’Union européenne dans la crise économique et sociale actuelle, Arras le 15 mars 2009.

Texte intégral

Mes chers amis,

Mes chers camarades,

C’est avec une joie toute particulière que je me retrouve aujourd’hui devant vous, militants sincères et chaleureux de la grande cause française, dans ce casino d’Arras, sous les auspices bienveillants du Beffroi et de la Cathédrale, témoins admirables du plus beau classicisme gothique et ferments éternels de notre civilisation, au rendez-vous de l’honneur et de la fidélité.

Permettez-moi de remercier, comme il est d’usage, les différents services qui ont travaillé au bon déroulement de notre Convention, en la personne de leurs responsables :

– Eric Stalens, Directeur national du DPS,

– Yann Le Pen, Directrice des Grandes Manifestations,

– ainsi que les régionaux de l’étape, messieurs Bilde et Briois, conseillers régionaux du Front National, et tous ceux, qui à un titre ou un autre, ont contribué au succès de cette manifestation.

Mes remerciements s’adressent aussi à nos orateurs, dont vous avez pu apprécier la qualité et la détermination, à l’occasion de leurs interventions.

Enfin, ils s’adressent à vous tous, qui avez fait le déplacement et consenti aux efforts financiers nécessaires pour assister à nos travaux, vous sans qui notre action n’aurait pas ni relais, ni portée, ni flamme.

I- Oui, c’est une gageure, aujourd’hui, de se déplacer, à ses frais, en fin de semaine, pour assister à la manifestation d’une formation politique.

C’est une gageure, parce que pour la plupart de nos compatriotes, la crise est là et qui fait mal.

Chacun sait, chacun voit bien que le portefeuille se vide, que le chômage guette, que l’activité ralentit, bref que l’horizon s’assombrit.

Comme nous l’avions annoncé, en pure perte, une fois de plus, la France vit la pire crise économique qu’elle ait subie depuis un siècle.

Ce n’est pas un ralentissement, ce n’est pas une récession, c’est une véritable Dépression, dont la dimension dépasse probablement celle de 1929, pourtant restée dans toutes les mémoires.

Il n’est pas aisé d’en prendre conscience. D’abord, parce que le gouvernement ne cesse de vouloir la minimiser.

Contre tout bon sens, madame Lagarde, Ministre de l’Economie, a d’abord affirmé en octobre dernier que la croissance française se situerait entre 0 et 0,4% en 2009, alors qu’à ce moment-là, déjà, l’Union européenne parlait déjà de -1,8% et l’OCDE de – 1,9%.

En décembre, elle a évoqué un recul possible de -1%.

Désormais, le mensonge n’est plus tenable, et Madame le Ministre évoque un petit – 1,5%, inférieur aux prévisions de tous les organismes spécialisés.

Il en est de même pour le chômage : pour le quatrième trimestre 2008, on nous a d’abord annoncé la création de 50.000 emplois, avant de battre en retraite et d’évoquer 90.000 destructions d’emplois : un fameux écart de 140.000 postes, quand même….

Venons-en au dernier mensonge sur l’emploi : celui qui prévoit seulement 300.000 chômeurs supplémentaires en 2009, alors que madame Lagarde sait bien qu’hélas, nous déplorerons au moins le double.

Concernant le déficit budgétaire, même politique des petits pas : d’abord, on nous a dit 3,8% du PIB, soit 56 milliards d’euros, puis monsieur Woerth, ministre du Budget, a parlé, fin février de 4,4% du PIB. Il y a une dizaine de jours, des indiscrétions laissaient entendre que le déficit serait supérieur à 5,5% du PIB, soit près de 100 milliards d’euros, c’est-à-dire 660 milliards de Francs !

On me dira qu’en période de crise, il faut que l’Etat dépense pour soutenir l’activité.

Mais le problème, c’est que les gouvernements français font toujours du déficit, que l’on soit en période de croissance ou de crise : la preuve, pas un budget n’a été en excédent, ni même à l’équilibre depuis 1980.

Et le déficit d’aujourd’hui, financé par l’endettement des collectivités publiques, c’est la dette de nos enfants demain.

A moins que les pouvoirs publics n’aient compris, comme nous au Front national, qu’une autre crise financière et monétaire, bien plus grave, se prépare, qui va survenir dans les mois qui viennent, ruinant toutes les banques, et peut-être tous les petits épargnants, et entrainant dans son sillage une explosion de l’inflation qui purgera les dettes des gouvernements laxistes.

Il serait injuste que grâce à l’inflation, la classe politique soit exonérée, demain, des responsabilités qui sont les siennes au titre de ses erreurs d’hier et d’aujourd’hui. D’autant plus injuste que la hausse des prix, en revanche, pénalisera une fois de plus les Français.

Formons le voeu que cela n’arrive pas, avec quelque chance d’être entendus par le Ciel, qui sait montrer de temps en temps que le pire n’est pas toujours certain.

On dit que gouverner, c’est prévoir. Or à la vérité, nos gouvernants n’ont pas vu venir la crise, ils n’ont pas prévu, ni son approche, ni sa gravité.

Pourtant, l’endettement massif des Etats pouvait le laisser prévoir tôt ou tard.

Celui des Etats-Unis, vertigineux, qui ont financé leur train de vie militaire, diplomatique et social en empruntant au reste du monde et d’abord à la Chine, usant et abusant du fait que le dollar est la monnaie de compte mondiale.

Celui de la France également, dont la dette publique est passée de 1980 à 2007 de 90 à 1200 milliards d’euros. Et encore ce chiffre de 1200 milliards d’euros n’est que le chiffre officiel. Si l’on compte la dette des entreprises publiques, qui seraient également à la charge du contribuable si elles venaient à s’effondrer, la dette totale est supérieure à 2400 milliards d’euros.

Et que dire du service annuel de la dette, qui a atteint le chiffre faramineux de 45 milliards d’euros l’année dernière !

La crise est l’enfant naturel du mondialisme, idéologie idolâtrant la mondialisation au lieu de la contrôler là où c’était possible.

Les apprentis-sorciers qui ont eu le projet de détruire les Nations pour construire le rêve cauchemardesque du village global, l’utopie d’un monde égalitaire – mais où tout de même, il y auraient des gens plus ou moins égaux – sans différence de race – mais où il y en aurait qui aurait le droit de se maintenir dans leur intégrité tandis que les autres seraient vivement encouragés à se métisser – , sans différence de sexe, ni de religion, ni finalement d’opinion, tous étant contraints, y compris par la loi et sous menace de sanctions pénales de croire à la vulgate antiraciste et de se soumettre à la Pensée Unique.

Ces apprentis-sorciers ont conduit le monde à sa ruine, les peuples à la misère et peut-être demain à la guerre.

L’Union Européenne a été, en ce qui nous concerne, l’un des vecteurs de cette catastrophe, sacrifiant à l’illusion qu’en unissant des faiblesses et en collectivisant les peuples d’Europe, on arriverait à créer un état oligarchique sur le modèle américain, sans voir, ou, pour certains en espérant la déréliction de la Nation, la suppression des frontières, la perte de notre souveraineté politique, militaire et monétaire en brisant le ressort national et l’homogénéité du peuple français, en voie lui-même de submersion par une immigration issue d’un tiers monde famélique et conquérant.

Il était pourtant évident, comme nous le répétons inlassablement depuis des années, qu’une humanité qui était passée de 1 à 7 milliards d’habitants en un siècle, allait être profondément déséquilibrée. Dès lors, l’Europe, continent où la dénatalité fait des ravages, est le terrain d’expansion d’une immigration de plus en plus massive au fur et à mesure que la surpopulation des autres continents y aggrave une misère déjà latente.

Le vertige de la décadence s’est emparé des esprits et d’abord de ceux qui les gouvernent, élites corrompues et dominées par le prêt à penser de la Pensée Unique.

Dans le même temps où se décomposaient les grands services publics, sous la pression extérieure ou la subversion intérieure, l’armée, l’éducation nationale, la moralité publique et privée se dégradaient sous l’impact des moyens modernes de communication, Télévision et Internet.

L’illusionniste qui nous tient lieu de Président, avait cyniquement emprunté le temps d’une fin de campagne, le discours national que, jusqu’alors, tenait seul, contre vents et marées, opprobres et persécutions, le Front National, Tête haute et Mains propres.

« Je ne laisserai pas le monopole de la Nation à l’extrême droite qui la défend si mal (sic) » déclarait-il publiquement.

La moitié de nos électeurs ont été trompés et ont cru émettre un vote utile en lui faisant confiance pour battre la candidate socialiste, abandonnant aussi la proie pour l’ombre.

Comme cela était prévisible, le candidat bardé de tricolore, n’a eu, une fois élu, de cesse de se dépouiller de sa défroque de théâtre pour faire une politique anti-nationale répétant la stratégie cinquante huitarde du Général de Gaulle, rappelé au pouvoir pour faire l’Algérie française, et qui, en cinq ans, a mis en place l’Algérie fellagha.

En y regardant de plus près, ils auraient, pourtant, dès la campagne présidentielle, pu voir que Sarkozy était un jeune cheval de retour, dans la politique de la Vème République depuis 35 ans.

Ils auraient pu voir aussi que comme Ministre d’Etat dans les 5 ans qui avait précédé le scrutin, il était l’un des premiers responsables de la politique de décadence avec laquelle il avait le culot d’annoncer une rupture.

Pour ceux-là comme pour d’autres, la vérité s’impose et l’on doit appeler un chat, un chat, déserteurs, ceux qui abandonnent le combat quand il devient plus difficile et moins rémunérateur, et traitres ceux qui n’hésitent pas à tenter d’affaiblir le mouvement national dans une période difficile de sa vie et de surcroit en période électorale.

Enfin, je qualifie de menteurs ceux qui, au pouvoir, n’hésitent pas à truquer les chiffres pour dissimuler l’ampleur de leurs erreurs et ainsi tromper les électeurs.

Oui tout est faux, dans la communication gouvernementale :

– les chiffres des bilans bancaires, pour masquer l’ampleur du désastre,

– Les chiffres des prélèvements obligatoires, qui absorbent plus de la moitié de la richesse nationale.

– Les chiffre de la hausse des prix, évidemment supérieurs aux 2,8% de l’INSEE, que l’on constate en allant faire ses courses, en payant ses assurances ou allant faire le plein.

– Les chiffres de l’immigration, qui continue d’affluer au rythme effarant de 450.000 entrées réelles et définitives par an.

– Les chiffres de l’insécurité, deux fois plus importants que ce que l’on nous dit.

– Les chiffres de la population résidant en France, plus proche de 69 millions de personnes que des 63 de l’INSEE, à cause de l’immigration de masse.

– Les chiffres de la Richesse par habitant, bien moins élevée que ce qu’affirme l’INSEE, précisément parce que la population est beaucoup plus nombreuse qu’annoncée.

Face à ce désastre, il ne suffit pas de dire, comme le font les ténors médiatiques du Gouvernement ou de l’UMP, que nous subissons la crise mondiale, que le gouvernement n’y est pour rien, que la France est prise dans une interdépendance dont l’origine est spontanée ou naturelle….

Ce discours-là, il ne remplit pas l’assiette des 5 millions de chômeurs réels du pays.

Il ne remplit pas le porte-monnaie des 7 millions de pauvres, des 5 millions d’attributaires de la CMU, du million de Rmistes, ni des 600.000 titulaires du minimum vieillesse.

Ce discours, il n’est plus accepté par la classe moyenne, vache à lait du prélèvement fiscal, qui n’arrive plus, depuis longtemps, à boucler les fins de mois.

Il n’est plus accepté par les artisans et commerçants, victimes des petits arrangements entre hommes politiques et distributeurs, et condamnés à la disparition par l’installation, demain, des “mini super-marchés” dans les centres villes.

Il n’est plus accepté par les paysans et les pêcheurs, professions en voie de disparition, par perte d’emplois ou par suicide, qui sont acculés à travailler à perte depuis 5 ans par les distributeurs qui les étranglent.

Il n’est plus accepté par les employés condamnés à l’interim et les ouvriers au chômage, qui voient bien qu’en 25 ans, la France est devenue un désert économique.

La liste est longue, mesdames et messieurs, des secteurs disparus :

– Les mines de charbon, de fer, de bauxite

– La Sidérurgie

– La Métallurgie

– Les fonderies

– Les Constructions et réparations navales

– L’Armement

– Le Textile

– L’Industrie des Cycles et Motocycles

– L’Industrie des Produits Blancs : machines à laver, réfrigérateurs…

– L’Industrie des Produits Bruns : appareils photos, Téléviseurs, matériel Hi-Fi

– L’Industrie du jouet

– L’Industrie de la chaussure

– L’Industrie des armes de chasse

– L’industrie horlogère

– Sans compter l’automobile, l’optique et la téléphonie qui entrent en agonie

– Et sans oublier, hélas, la pêche moribonde, et les 2/ 3 des secteurs agricoles, à l’agonie.

Examinons un peu ces deux derniers cas, particulièrement emblématique, de notre décadence.

Nous avions 5 millions de paysans en 1964. Après 45 ans de PAC, il n’en reste pas 600.000.

Et le pire est devant nous….

En effet, en 2013, la France devra être en conformité avec les normes agricoles de l’Organisation Mondiale du Commerce…

Ces normes supposent le démantèlement de l’agriculture française et européenne, la baisse des aides directes et l’interdiction d’aider nos producteurs.

On va ainsi détruire nos traditions locales, culturelles, culinaires, notre façon de vivre pour mieux nous préparer au grand métissage internationaliste afin d’être identiques en tous point du globe et nous satisfaire des standards de consommation fournis par le Nouvel Ordre Mondial.

Finis, les fromages au lait cru, réputés impropres à la consommation.

Fini le droit imprescriptible de chasse, car les bobos triomphent à Bruxelles !

C’est là une véritable opération de subversion révolutionnaire !

L’agriculture et le mode de vie rural sont au coeur de l’identité française. Nos paysages, nos terroirs, nos élevages et nos cultures sont le résultat de plus d’un millénaire de travail et d’attention. Ils sont le produit de la tradition renouvelée, celle qui prend le meilleur de la modernité. Cela s’appelle le génie, c’est quelque chose qui échappe aux écologistes de salon, plus rouges que verts.

Dès lors, les choses sont claires. Nous n’accepterons jamais la fin de notre paysannerie, la destruction calculée de “l’âme” de nos pays et la mise en danger de nos populations dans un contexte de crise alimentaire mondiale.

Quant aux pauvres pêcheurs, le prix insupportable du gasoil a un impact direct sur leurs revenus. Contraints par l’Europe de sélectionner les quantités et les prises, nos professionnels doivent pêcher plus et plus loin et donc consommer davantage de carburant et de temps.

Un cercle vicieux qui conduit à la faillite. S’ajoute aussi le problème du prix de première vente du poisson – c’est-à-dire le prix de vente aux grossistes – au même niveau depuis 20 ans !

Là encore, si pour les consommateurs le prix est cher, c’est-à-cause non des pêcheurs mais des distributeurs !

En un mot, si je devais résumer la situation de l’agriculture et de la pêche, je dirais qu’hier la France exportait son lait et ses poissons : aujourd’hui, elle est importateur net dans ces deux domaines.

Alors, mesdames et messieurs, il nous faut une fois de plus dire la vérité à nos compatriotes : les temps qui viennent s’annoncent difficiles, des réductions déchirantes de niveau de vie sont inéluctables, si l’on continue la politique suivie depuis 25 ans par la gauche et la droite confondues, la politique de suppression pure et simple de nos frontières physiques, commerciales, migratoires, sanitaires et internationales.

II- Cette politique de suppression de nos frontières, cette politique d’intégration mondiale de la France, elle n’est pas tombée du ciel. C’est l’Europe qui l’a mise en oeuvre.

C’est pour cela que nous l’appelons « euromondialiste ».

Cette politique qui a fait la preuve de sa nocivité, de sa dangerosité, les Français l’ont refusée, le 29 mai 2005, en disant massivement non au référendum sur la Constitution européenne alors que l’immense majorité des politiciens appelait, contre nous, à voter Oui.

Depuis, Nicolas Sarkozy a été élu, et il n’a de cesse de remettre sur les rails cette Europe supranationale, pourtant sans force, sans moteur, sans âme.

Il perd son temps, et le peu de crédit qui lui reste.

Car les Français, mesdames et messieurs, n’acceptent plus cette Europe-là.

C’est en effet la négation de la véritable Europe, que l’on nous impose au terme d’une véritable subversion des valeurs.

En effet, d’abord imaginée et présentée comme un trait d’union entre les peuples après les grandes guerres mondiales, l’Europe géopolitique a rapidement fait place à une Europe économiste et matérialiste.

Ce fut, au lendemain de la seconde guerre mondiale, le début de notre décadence politique, militaire et morale, qui fut été accélérée par la décolonisation et la diffusion du poison gauchiste au sein des populations dans les années 1960.

Puis la société de consommation et de loisir a explosé. La recherche de nouveaux marchés a poussé à la mondialisation des économies, qui s’est accélérée, sous l’impulsion des multinationales.

Il fallait donc démanteler les frontières économiques, pour augmenter la satisfaction des besoins, pour abêtir les peuples par la publicité et le nivellement par le bas, au service exclusif des spéculateurs internationaux.

La classe politique a défendu et promu cette Europe-monde, ouverte à tous les vents du dumping monétaire, fiscal et social des pays à bas coût du travail.

Après la création d’un marché commun sans frontières, le projet de l’Union européenne consiste désormais à instaurer une dictature bureaucratique via le Super Etat européen.

Je l’avais senti, dès 1957, au début du processus, lorsque j’ai voté contre le Traité de Rome.

Oui, d’emblée, j’avais perçu les risques de dérive que ce projet portait en lui, à la lecture de ses promoteurs, les Monnet, les Coudenhove-Kalergi qui rêvaient de construire les Etats-Unis d’Europe, à l’instar des Etats-Unis d’Amérique.

Comme si l’on aurait pu réduire l’Italie à la Floride, l’Allemagne à la Californie et Paris à New York !

J’avais senti que la France, l’Etat, nos libertés, nos traditions, seraient bientôt dépecés puis engloutis dans un terrible malstroëm.

J’avais compris que nous risquions de perdre la maîtrise du processus, et c’est ce qui s’est passé, d’abord avec l’élargissement continu de l’Europe, l’Europe à 6, à 15, à 27, plus l’entrée de la Turquie qui est déjà programmée, et ensuite à cause de l’euro-jacobinisme, qui effectivement nous gouverne aujourd’hui.

De fait, depuis vingt ans, cette dérive centralisatrice, elle est là et bien là, quand 33.000 fonctionnaires européens nous dépouillent méthodiquement de tous nos instruments de gouvernement, de tous nos pouvoirs de décision, de toute notre liberté de choix.

On nous a pris notre pouvoir fiscal de décider l’impôt, notre pouvoir budgétaire, de dépenser notre propre argent comme nous le voulons, notre droit de battre monnaie et jusqu’au pouvoir de faire nos lois.

Et ce que nous percevons de l’Europe ne vient pas du Ciel, mais de ce que nous versons, nous-mêmes, nous, citoyens Français corvéables à merci, nous contribuables pressurables à merci !

Ce que peu de gens savent, c’est que notre contribution annuelle à l’Europe sert avant tout à notre propre destruction.

L’idéologie libre-échangiste et arbitraire de Bruxelles va en effet démanteler notre modèle économique et social, un modèle fragile qui s’était bâti sur de difficiles compromis et qui est le fruit historique d’une longue lutte politique, populaire, scientifique et morale.

Notre pays s’est en effet construit grâce à la sueur, aux larmes et au sang versés par nos ancêtres, ces millions de Français qui au travers d’un labeur millénaire avaient forgé une grande nation et nous avaient doté d’un inestimable patrimoine commun.

Cet acquis, cet héritage est aujourd’hui sacrifié.

Jugez-en par vous-mêmes :

– l’Europe a rétabli le travail de nuit des femmes, pourtant aboli au XIXème siècle

– l’Europe a aboli l’interdiction du travail le dimanche

– l’Europe autorise les ouvriers polonais en France à travailler aux conditions du droit social polonais.

L’euro, tant vanté par la classe politique avant sa création, dessine peu à peu un véritable cauchemar social.

L’abandon du Franc au profit de la monnaie unique a d’abord entrainé une hausse des prix sans précédent depuis sa mise en oeuvre en 2001 : de 30 à 250% d’augmentation sur la plupart des produits de base !

Ce n’est pas tout. La surrévaluation de la monnaie unique, c’est-à-dire son cours de change trop élevé vis-à-vis des grandes monnaies étrangères, sanctionne nos exportations. 7 ans après l’euro, c’est la sixième année consécutive que notre balance commerciale nationale est lourdement déficitaire, alors qu’avant l’euro, elle était excédentaire.

Enfin, déjà victimes d’un fiscalisme national délirant, nos compatriotes subissent de plus en plus le fiscalisme européen, rebaptisé « fiscalisme citoyen » dans le politiquement-correct bruxellois.

Toute la taxation verte, c’est-à-dire écologique, est d’origine européenne. Et on nous annonce pour bientôt un impôt européen sur le revenu !

Alors les choses sont claires, nous vivons l’insécurité économique et sociale au seul profit des entreprises multinationales.

Dans les faits, Bruxelles s’est fait le relais pur et simple de l’Organisation Mondiale du Commerce livrant ainsi nos entreprises et nos travailleurs à une concurrence internationale déloyale.

C’est dans ce cadre que s’inscrit le recours à l’immigration de travail et de peuplement, pour nous liquider.

Alors on nous dit qu’il y aurait une pénurie de main d’oeuvre et que l’immigration planétaire permettrait de trouver une issue à la crise économique et démographique.

Avec l’instauration de la “carte bleue européenne”, à l’image de la carte verte américaine, l’immigration légale est présentée par les européistes comme le moyen ultime de palier le manque de main d’oeuvre qualifiée et une chance pour l’Europe en termes de renouveau démographique.

Ainsi au lieu de décider des politiques natalistes et une meilleure formation et orientation de la jeunesse, on fait appel à l’immigration dite légale alors que l’intégration des populations étrangères extra européennes est un échec constaté partout en Europe.

Cette immigration constituerait néanmoins, dit-on, un apport positif du point de vue économique, social et culturel.

Mais qui peut raisonnablement le croire ?

– La société s’est appauvrie, en raison notamment du poids croissant des immigrés qui sont à sa charge.

– En effet, nous avons accueilli 10 millions d’immigrés en 35 ans,

– L’immigration nous coûte 70 Milliards d’euros par an

Nos valeurs et notre religion sont remises en cause par celles des immigrants, nos équipement collectifs – crèches, écoles, logements – sont saturés, la paix civile est menacée partout, l’insécurité explose….

Qui peut croire, qui veut encore croire que l’immigration est une chance pour la France ?

A part les politiciens européistes, personne !

Dès lors, comme ce discours n’est plus tenable, on nous en sert un autre.

On nous a fait renoncer à nos frontières nationales, en échange, disait-on, d’une protection plus forte sur les frontières européennes.

Hélas, comme je l’avais là encore pressenti, nos nations ont été trahies.

En effet, quand nos frontières nationales sont tombées, avec le traité de Schengen, les frontières européennes extérieures, inexistantes, ne nous ont pas protégés, ni en Bulgarie, ni aux Canaries, ni nulle part…

Avec Schengen, l’Acte unique, Amsterdam, Nice, Lisbonne, c’est la libre circulation des clandestins !

C’est en vertu de la suppression des frontières nationales et de la libre circulation au sein de l’Europe que les 1.400.000 clandestins régularisés en Italie et en Espagne entre 2004 et 2006 ont le droit de circuler et de s’installer librement dans toute l’Europe.

Outre l’immigration, l’espace Schengen permet aussi la libre circulation du terrorisme, du crime organisé et de tous les trafics. Ce n’est pas le projet européen de contrôle “Frontex”, un nom qui sonne comme une marque de vaisselle, qui pourra se substituer à l’efficacité prouvée des contrôles étatiques et des frontières nationales.

Malgré cette incapacité flagrante à gérer l’immigration illégale et le crime organisé, il est prévu de transférer toutes les compétences en matière d’immigration à l’Union européenne. C’est le renforcement des pouvoirs d’une bureaucratie incapable ou complice de l’invasion.

Toute la législation européenne est immigrationniste, qui multiplie les obligations imposées aux Etats en matière de droit d’asile, de logement, d’éducation et de santé, sans oublier la sempiternelle consécration du droit au regroupement familial.

Vous le voyez bien, mesdames et messieurs, l’Europe a ainsi aggravé nos maux : le déferlement migratoire, l’insécurité permanente, le chômage généralisé et la remise en cause de nos protections sociales.

Ce n’est pas le fruit du hasard.

Bruxelles veut supprimer les nations pour aller au bout de la logique euromondialiste.

Pour cela, il faut une Europe affaiblie, ayant perdu son âme et ravalée au rang de région de consommation de masse au sein de l’Etat-monde dominé par les puissances financières.

La fondation de cette Europe passe donc par l’adoption d’une constitution ou de sa refonte en un Traité de Lisbonne. Un projet qui, clairement, démantèle le peu qui reste aux nations pour livrer les peuples et leurs richesses au nouvel ordre mondial.

Oui, mesdames et messieurs, nous subissons la dictature internationale de la consommation, nous subissons la gouvernance globale de l’hyperclasse mondiale, cette nouvelle classe dirigeante transnationale.

Ce pouvoir mondialiste est impitoyable, qui diabolise ou punit par les armes les peuples réfractaires comme la Serbie et Irak hier, peut-être l’Iran demain.

III- Alors me direz-vous, que faire ?

D’abord, ne pas se tromper….

La fausse opposition des altermondialistes, des internationalistes favorables au marxisme et au métissage obligatoire, comme le facteur du NPA, les Verts ou Bové, cette fausse opposition disais-je ne doit pas faire illusion.

Ceux-là aussi sont mondialistes, et même les précieux auxiliaires de l’idéologie mondiale, puisque grâce à eux, celle-ci a un versant de gauche.

Les altermondialistes, c’est-à-dire les mondialistes de gauche, sont des Tartuffe, et nous avons, nous, le devoir d’expliquer à nos compatriotes que le mondialisme est intrinsèquement pervers.

Oui, nous sommes des patriotes qui veulent sécuriser leurs peuples d’abord, plutôt que se lancer dans des aventures folles dont la course ne peut mener qu’au chaos.

La Patrie ne peut être sauvée que si l’on rompt avec les compromissions et les trahisons du système en place.

Ce n’est pas le cas, vous le savez bien, de Philippe de Villiers, qui, fidèle à ses habitudes, accroche à nouveau son petit tender derrière une locomotive milliardaire, même si celle-ci est, comme Ganley, suspecte d’être une officine américaine, et de surcroît favorable à l’entrée de la Turquie dans l’Europe et à la suprématie militaire intégrale de l’OTAN.

Avec le lapin chasseur à la sauce irlandaise, gare à l’indigestion !

Non, mesdames et messieurs, pour sauver notre pays, il faut d’abord être libre et indépendant.

Il faut ensuite que l’Etat soit l’Etat, qu’il soit présent comme une force protectrice, comme une force d’arbitrage, qu’il incarne, seul, le pouvoir légitime.

Or tout à l’inverse, il multiplie aujourd’hui les signes de faiblesse.

La crise sociale et politique a déclenché, aux Antilles, un processus révolutionnaire.

En effet, contournant les assemblées d’élus et les syndicats, un organisme de circonstance, bâti selon la technique des soviets, a conduit les évènements et contraint les autorités à négocier avec lui.

Le LKP et son chef Domota ont imposé, aux frais du contribuable, la signature des autorités politiques à un accord de 131 points, véritable inventaire à la Prévert.

Les syndicats patronaux les plus importants ayant refusé de signer, ils y ont été contraints par l’Etat qui l’a étendu à tous, alors que cet accord salarial avait été signé seulement par quelques syndicats ultra-minoritaires.

Cette attitude indigne des pouvoirs publics renforce évidemment le risque de troubles majeurs dans les DOM-COM.

Après avoir tenu sous la menace et les violences, la population de l’ile, le LKP prétend aujourd’hui chasser de ce département français les entreprises qui n’obéiraient pas à ses oukases.

Si le pouvoir se couche, et il se couchera, comme il l’a toujours fait, l’incendie gagnera bientôt, après la Martinique et la Réunion, la Métropole.

Alors, mesdames et messieurs, derrière nous et à notre appel, il faut que le peuple reprenne la parole. Et qui mieux que vous, militants et sympathisants du Front National, peut exprimer le sentiment des Français. Qui, mieux que vous, peut dire ce que nos compatriotes veulent et surtout ce qu’ils ne veulent pas !

Nous ne voulons pas d’une Europe cheval de Troie des fonds d’investissements anglo-saxons.

Ensemble, barrons la route aux banksters et autres requins de la finance internationale !

Nous ne voulons pas non plus d’une Europe-passoire, qui nous livre pieds et poings liés au déferlement migratoire et aux groupes terroristes internationaux !

Ensemble, dressons l’étendard de la résistance, le drapeau tricolore face à l’invasion !

Nous ne voulons pas d’une Europe vassalisée, soumise à la volonté de puissance mondiale des Etats-Unis d’Amérique.

Ensemble, crions notre volonté d’indépendance, au nom de nos pères, au nom de nos fils, au nom de tous les nôtres !

En effet, depuis la création de la politique étrangère et de sécurité commune, notre défense est progressivement transférée vers l’Union européenne, c’est-à-dire vers l’étranger.

Mais l’Union européenne n’ayant pour vocation que d’être un morceau de l’Empire Global, pourquoi diable aurait-elle besoin de son indépendance diplomatique et militaire ?

Plus d’un millénaire d’indépendance nationale est donc en train d’être liquidé, et les exemples de notre abaissement abondent :

– tout d’abord, la participation aux guerres américaines d’Irak et d’Afghanistan,

– Ensuite la réintégration de la France dans l’organisation militaire intégrée de l’OTAN, qui parachève notre alignement, notre inféodation, notre vassalisation au Etats-Unis.

N’est-il pas amblématique que le jour-même du discours de Nick Sarko, le porte-avions Charles de Gaulle soit en panne ?

– Ce sera, ensuite, la disparition programmée du siège français au Conseil de sécurité de l’ONU au profit de l’Union européenne.

La politique étrangère de l’union européenne consistera à faire un outil militaire commun, flanc occidental de la grande armée mondiale que dirigera demain Washington, au service d’ailleurs de ses intérêts exclusifs.

La médiation de la France, sa capacité diplomatique de règlement des conflits est ainsi peu à peu anéantie au profit du super Etat européen, vassal des Etats-Unis d’Amérique.

Est-ce cette Europe-là que nous voulons ?

Est-ce que nous acceptons cette déchéance militaire et internationale ?

Et au-delà de la Défense, est-ce que nous acceptons la décadence morale que l’on nous impose ?

Il suffit de lire les titres des rapports déposés par la commission culture du Parlement européen pour mesurer leur grande pauvreté et ainsi se rendre compte du mépris abyssal que les eurocrates portent au génie de la culture européenne et sa richesse infinie.

Bruxelles se soucie plus d’endoctriner la population par l’antiracisme militant.

La moitié au moins de la politique sociale européenne est consacrée à la lutte contre les discriminations raciales ou sexuelles.

Je vous le disais, tout est fait pour favoriser les immigrés, pour lutter contre les discriminations que subiraient les homosexuels ou les femmes, sans oublier les programmes d’éducation sexuelle, dès le primaire si possible.

L’Europe d’aujourd’hui, c’est la dictature des minorités, la discrimination de la majorité, la promotion d’une société de consommation permissive dans tous ces excès, jusqu’à vouloir punir ceux qui manifesteraient leur opposition au mariage homosexuel.

D’ailleurs, dans le vocabulaire européiste, on ne parle plus de parents, mais, je cite, « d’adultes civilement responsables d’un enfant mineur », ce qui ouvre évidemment la voie à l’adoption d’enfants par des adultes du même sexe.

Dès lors, mes chers compatriotes, les choses sont claires : l’Europe de Bruxelles est sans âme, sans identité et sans valeurs autres que celles d’un mondialisme uniformisateur et dégénéré.

Elle refuse même de préciser dans sa propre constitution qu’à la base de son inspiration se trouvent les racines chrétiennes de la civilisation européenne…

C’est là une lâcheté supplémentaire faite au nom de la tolérance et pour ne pas choquer les athées et les laïcs, mais surtout les populations non chrétiennes présentes sur le sol européen et les turcs, candidats à l’adhésion.

Sur la Turquie, Sarkozy a bien trompé son monde une fois de plus.

Il a laissé et même encouragé la commission Balladur à supprimer le referendum obligatoire qui avait été inscrit dans la Constitution française pour toute nouvelle adhésion à l’Union européenne après la Croatie.

Il est vrai que MM. Kouchner et Jouyet, respectivement ministre des Affaires Etrangères et secrétaire d’Etat aux affaires européennes sont de chauds partisans de la Turquie.

Dans cette course infernale vers la destruction de notre civilisation et des valeurs qui firent jadis sa grandeur : honneur, courage, travail, respect, foi, il n’est jamais trop tard pour agir.

Le NON irlandais, à la suite du NON français et hollandais, est le signal de départ pour la reconquête de notre souveraineté et de notre grandeur et pour l’instauration d’une autre Europe !

Notre position est claire. Durant toute cette campagne, et plus particulièrement à l’occasion de la fête de Jeanne d’Arc, dans quelques semaines, le 1er mai, retrouvons-nous, le plus grand nombre possible, pour dire Non, et même dix fois Non.

NON à l’Europe supranationale et bureaucratique !

NON à l’Europe de l’appauvrissement !

NON au Traité de Lisbonne !

NON à la Turquie dans l’Europe !

NON à Sarkozy !

OUI à l’Europe des Nations et des peuples libres !

Oui, mesdames et messieurs, nous pensons à une autre Europe, une Europe de la coopération entre les nations, une Europe des protections face à la mondialisation, une Europe des patries, une Europe puissante, indépendante et respectée englobant les nations du continent boréal de Brest à Vladivostok.

Nous revendiquons le génie européen, la civilisation de la liberté, le continent des hommes debout et des peuples libres, c’est-à-dire souverains.

Cette Europe-là, Europe du coeur et de l’histoire, des valeurs et des traditions,

Cette Europe des coopérations, faite par des Etats-nations qui conservent leur souveraineté, c’est-à-dire leurs pouvoirs politiques essentiels, nous la défendons bien sûr.

Cette Europe-là, elle va, comme disait le Général de Gaulle, de l’Atlantique à l’Oural, et même jusqu’à Vladivostok, dessinant l’arc septentrional de nos solidarités culturelles et de nos intérêts communs.

L’Europe, civilisation de la personne, née dans les Thing, assemblées germaniques d’hommes libres, il ya trois mille ans,

Cette Europe enrichie des cultures grecques et latines, magnifiée par le christianisme, sublimée par la Renaissance,

Cette Europe transmise de génération et génération jusqu’à nous et nos enfants, elle englobe bien sûr l’immense Russie.

La France, l’Allemagne, l’Italie, nous avons tous besoin des gigantesques ressources en énergies fossiles de la Sibérie.

La Russie, quant à elle, qui est entrée depuis longtemps dans la nuit glaciale de l’hiver démographique, a besoin d’hommes, d’ingénieurs, d’ouvriers, de colons, pour aménager l’espace sibérien et contenir l’expansion démographique naturelle de la Chine.

La grande Europe continentale a, incontestablement, la taille critique pour contrebalancer la superpuissance américaine, et contribuer à l’équilibre des forces qui est le meilleur garant de la paix mondiale.

Cette Europe du génie européen, cette Europe des peuples libres, elle repose avant tout sur la nation, fait de nature, fait de culture, fait de spiritualité.

En France, nous avons été les premiers à le comprendre. Et nous avons indiqué la voie.

La nation est et reste, comme ce temps de crise le rappelle fort opportunément, le cadre le plus performant de l’intervention économique, le cadre le plus performant de mise en jeu de la solidarité sociale, le cadre le plus performant de protection de notre identité et de notre sécurité, de notre culture et de notre âme.

La nation, bafouée, méprisée, vendue, est de retour !

Rappelons, ensemble, à ceux qui prétendent nous gouverner, notre droit fondamental à disposer de nous-mêmes !

Imposons leur notre droit à rester nous-mêmes !

Loin des flux dangereux et malsains de la finance internationale, bâtissons l’économie nationale de marché dont nous avons besoin, pour assurer l’avenir de nos enfants !

C’est pour cette grande ambition Française, européenne et mondiale que nous menons le combat politique,

C’est pour l’amour de notre peuple et de notre terre, que j’appelle notre armée, l’ensemble de nos légions de militants et sympathisants, par delà les querelles d’hommes, par delà la lassitude, par delà les devoirs et obligations de chacun, à avancer en rangs serrés pour les batailles électorales de 2009 et 2010.

Que la Garde montre l’exemple au reste de l’armée !

Qu’elle montre à l’ennemi la détermination du Peuple de France !

Vive la Victoire !

Vive le Front National !

Vive la France !

Source http://www.frontnational.com, le 23 mars 2009

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