Riflessioni Senza Categoria

Bomba o non bomba

Come hanno imparato a non preoccuparsi e ad amare le bombe

30/11/24

La Mazda Motor Corporation (マツダ株式会社Matsuda Kabushiki-gaisha, MMC), spesso chiamata semplicemente Mazda, è una casa automobilistica giapponese che ha una delle due sedi principali, di studio e produzione, in un posto assai particolare.

Hiroshima. Hiroshima? Sì, proprio lì.

Mazda ha spesso adottato soluzioni originali ed in netta controtendenza rispetto agli altri produttori. Massimo esempio ne è il motore rotativo, sviluppato poi nel Wankel, ma anche la fantastica spider piccola e leggera Miata, oggi evoluta nella bellissima MX-5, roadster nato in un momento in cui parevano estinti, due posti a trazione posteriore con (spesso) differenziale autobloccante ― base anche della Fiat 124 Spider ― il suo accanito sviluppo di magnifici e goduriosi cambi manuali in un mondo ormai dominato dagli automatici e, infine, il rifiuto di scendere di cilindrata tirando su di giri motori spompati, magari a tre cilindri, che alla fine consumano di più, hanno meno coppia e… scoppiano prematuramente.

Questo approccio metodologico, che gode della mia massima stima, è sfociato nell’headline di Mazda:

Defy Convention
Sfida le Convenzioni

Uno dei due stabilimenti, quello che ospita anche il suo centro stile, quello che ha formulato il Kodo design. Kodo significa letteralmente ”Via dell’Incenso”, l’arte giapponese di apprezzare l’incenso, una delle tre arti classiche giapponesi di raffinatezza, è storicamente in quella città.

“Il punto di partenza è il movimento repentino, qualcosa che si realizza esattamente in quel preciso momento, come la fotografia che immortala in una frazione di secondo, un uomo che danza con un velo sottilissimo, con tutta l’energia e la naturalezza di quell’istante. L’obiettivo è quello di creare sempre qualcosa di nuovo e unico, che non sia mai stato fatto precedentemente, senza però mai dimenticare la strada che si è percorsa fino a quel momento. Da questo presupposto nasce il Kodo Design, ispirato al movimento energico e alle linee armoniche presenti in tutto ciò che ci circonda; ma anche all’Oriente, al Giappone nello specifico e al fascino della cultura di questo Paese“.

Peter Birtwhistle, disegnatore di Mazda.

Mazda è anche fedele al concetto di Jinba Ittai (人馬一体) la fusione perfetta tra cavallo e cavaliere.

Questo stabilimento mi interessa proprio perché si trova a Hiroshima, perché è questo il punto, perché io non voglio scrivere un articolo sulla Mazda Motor Corporation, che c’entra parecchio ma non è il focus, io voglio parlarvi di bombe atomiche.

Dopo l’attacco nucleare di Hiroshima il 6 agosto 1945, alle 8:16 e 8 secondi (ora locale) ― una bomba atomica democratica a stelle e strisce, Little Boy, fu lanciata sulla città ― gli stabilimenti di produzione Mazda e molti veicoli all’interno scamparono alla distruzione grazie ad una montagna che si trovava davanti al punto dell’esplosione (e già qui…). I danni alla fabbrica furono molto limitati (aridaje!…) rispetto al circondario, diventando uno dei principali snodi logistici per i soccorsi, e pure per la successiva e repentina ricostruzione della città. Sì perché, nonostante la residua attività radioattiva, cominciò ad essere ricostruita nel 1949.

A questo punto sorge il quesito chiave: come è possibile che Hiroshima (e Nagasaki), siano tornate a una vita del tutto normale in così breve tempo, visto che ci hanno detto che dopo una esplosione nucleare la vita è impossibile per tempi approssimabili all’eternità?

L’area intorno a Chernobyl pare che resterà inabitabile per i prossimi ventimila anni. Si dice che il suolo intorno alla centrale sia tra i più contaminati in assoluto. L’accesso è proibito in un’area di circa 2’600 chilometri quadrati, e così resterà quasi per un’intera era geologica.

Le bombe USA sul Giappone si dice contenessero poche decine di chili di materiale fissile, una sorta di bombe atomiche leggere, con un conseguente avvelenamento da radiazioni leggero…. (Eh?…)

La pioggia di radiazioni (di neutroni, raggi beta e gamma) di Hiroshima causò un numero di vittime relativamente basso rispetto agli altri effetti (onda d’urto e “flash” di radiazioni infrarosse). Evidentemente quello che è ritenuto il pericolo a lungo termine ― il materiale radioattivo e i prodotti della fissione nucleare ― non è stato un problema a Hiroshima. Stiamo partendo dell’unico caso, con Nagasaki, di città popolata che abbia subito tale sorte, e noi, acriticamente, dobbiamo crederci!

Questi materiali inquinano il suolo, l’acqua e avvelenano i corpi di chi vi rimane esposto, viene chiamato “fallout nucleare”. Nel caso di Hiroshima e Nagasaki fu cosa assai trascurabile per l’esiguità del del materiale fissile, ripeto quanto detto.

Trovo la cosa difficile da credere, tanto in rapporto alle tempistiche di ricostruzione, quasi più brevi della ricostruzione di città bombardate da ordigni convenzionali, quanto relativamente alle informazioni generalmente condivise riguardo la radioattività residua.

La spiegazione ufficiale dovrebbe essere questa. A Chernobyl il reattore nucleare della centrale andò in sovraccarico di energia vaporizzando l’acqua di raffreddamento e provocando un’esplosione. Enormi quantità di combustibile (decine di tonnellate di uranio) furono sparse nei dintorni del reattore, qualcuno stima circa 400 volte quello di Hiroshima.

Nonostante queste presunte verità, mi resta immensamente difficile credere che Hiroshima ― e pure Nagasaki ― siano rinate così velocemente e così bene.

Ogni volta che vedo passare una automobile Mazda questa enorme incongruenza mi scuote la testa. È ormai una delle mille incongruenze della narrazione unica, e ci viene spacciata e imposta come assioma. Un contrasto che mi agita, costantemente, distrutti ogni giro di ruota.

Hiroshima, la fabbrica Mazda è sulla sinistra

Aggiungerei una cosa, prima di avanzare ulteriormente i miei complottistici dubbi, il fatto stesso che, questi maledetti gangster a comando delle fazioni in lotta, appaiano molto poco preoccupati del possibile olocausto nucleare, perpetrato peraltro da testate mille volte più potenti di quelle scagliate contro il Giappone, fa nascere dubbi proprio sugli effetti di lunga durata delle esplosioni vere e proprie.

Nessuno minimamente sano di mente tirerebbe tanto la corda, se le cose stessero davvero come ci hanno sempre detto. Potrebbe essere tutto parzialmente o totalmente diverso.

Aggiungo ancora che, tanto quanto ci hanno tenuto nascosto informazioni sull’11 settembre 2001 e il World Trade Center, o sulla sedicente pandemia Covid-19, con annessi e connessi, e sull’altrettanto indimostrabile Globaluòrmingh! e centinaia di altri casi, ci sia tanto da capire riguardo gli ordigni atomici, soprattutto sui loro effetti di lunga e lunghissima durata.

Probabilmente ci hanno mentito perché, e sarà anche una mia personalissima opinione, rimettere in piedi due città, bombardate con delle bombe atomiche leggere ― ossimoro assoluto ― viverci, allevarci i propri figli e produrci delle splendide autovetture, non mi sembra per niente coerente con il resto della narrazione.

Un’anomalia di matrix che allarma

Un altro profetico film di Stanley Kubrick in un sontuoso bianco e nero, imperniato sull’eccezionale e poliedrica performance di Peter Sellers, ci accompagna in questo epilogo globale in salsa radioattiva: “Il dottor Stranamore – Ovvero: come ho imparato a non preoccuparmi e ad amare la bomba“, da cui rubo un paio di dialoghi (oltre al sottotitolo rimaneggiato), nati come surreali, si approssimano purtroppo a diventare altro.

Pronto? … Eh-eh… pro… pronto, Dimitri? Dimitri, non sento molto bene. Ti dispiacerebbe abbassare un po’ il giradischi? Adesso è molto meglio, sì. Eh… Sì, sì, bene. Ti sento alla perfezione, Dimitri. La voce mi arriva chiara e senza il minimo disturbo. Anch’io non sono disturbato, vero? Bene, bene… Allora vuol dire che né io né te siamo disturbati. Bene. Sì, è una bella cosa che tu stia bene e anch’io. Sono dello stesso parere. È bello stare bene. Senti un po’, Dimitri… Ti ricordi che noi… noi abbiamo sempre parlato di questa possibilità che succedesse qualche inconveniente con la bomba? La bomba, Dimitri. La bomba all’idrogeno. Beh, insomma, è successo questo: uno dei nostri comandanti di base ha… ha… ha… ha avuto come… beh, insomma, gli è girato il boccino. Beh, sai, è diventato un po’… strano, e… Insomma, ha fatto una sciocchezzuola… Ecco, adesso ti dico cosa ha fatto: ha ordinato ai suoi aerei di venirvi a bombardare. Ma lasciami finire, Dimitri! Lasciami finire, Dimitri! Ma cosa credi, che io mi stia divertendo? Tu te l’immagini quello che sto passando io, Dimitri? E se no perché t’avrei telefonato? Per dirti “ciao”? Certo che mi fa piacere parlarti! Mi fa molto, moltissimo piacere…Non adesso però, un’altra volta. Adesso ti ho chiamato per dirti che è successo qualcosa di… di veramente terribile… È una telefonata amichevole, sicuro che è amichevole… eh… senti, se non fosse amichevole… eh… non te l’avrei fatta proprio.

Presidente Muffley (Peter Sellers)

Signor presidente, io non escluderei la possibilità di conservare un nucleo di esemplari umani. Sarebbe piuttosto facile, in fondo a qualcuna delle nostre miniere più profonde: la radioattività non potrebbe arrivare in fondo ai pozzi migliaia di metri sotto terra; e in qualche settimana si potrebbero approntare le sistemazioni per renderli abitabili.
Ma quanto ci dovrebbero stare?
Be’, vediamo subito. […] lo dico che ce la caveremmo con cento anni.
Vuoi dire che la gente potrebbe restare là sotto per cento anni?
Senza dubbio, mein Fuhrer… Volevo dire: signor presidente! Coi reattori nucleari potremo disporre di energia per secoli, col sole artificiale manterremmo la vita vegetale, potremmo allevare gli animali e macellarli. Forse è il caso di fare un censimento di tutte le miniere adatte che esistono nel Paese, ma io ritengo che si possa provvedere allo spazio sufficiente alla vita di parecchie centinaia di migliaia di persone.
Sì, ma non vorrei essere io a decidere chi sta su e chi va giù.
Questo non sarà necessario, signor presidente: se ne occuperà un cervello elettronico che sarà predisposto per tenere conto dell’età di ogni singolo individuo, salute, fertilità sessuale, intelligenza, oltre alle particolari abilità di ognuno. Naturalmente sarebbe necessario comprendere nel numero i più alti esponenti del governo e delle forze armate perché possano trasmettere i principi gerarchici e nazionalistici…

Il dottor Stranamore; Presidente Muffley (Peter Sellers)

The glorious ending of Stanley Kubrick’s “Dr. Strangelove”, “We´ll meet again”

We’ll meet again” è una canzone scritta da Ross Parker e Hughie Charles, interpretata da Vera Lynn. Divenne popolare durante gli anni della Seconda guerra mondiale, un simbolo di speranza per i soldati che speravano di riabbracciare presto le loro famiglie. Citata anche dai Pink Floyd nel brano “Vera” seguito da “Bring the Boys Back Home” nel doppio album “The Wall” uscito il 30 novembre 1979 che, singolare coincidenza, oggi compie 45 anni esatti! Antimilitarismo connesso magicamente.

But I know we’ll meet again some sunny day

E, per concludere, siccome ci avete proprio sfrantecato la guàllera, ora vi faccio spiegare da Luciano De Crescenzo il funzionamento esatto di una sfaccimma di bomba atomica dal film “il Mistero di Bellavista“.


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