sabato 23/05/20
Di frequente mi ossessiona l’idea di vivere giorni di intrighi di Corte come se vivessimo nel medioevo, o in epoche simili, quando avvelenamenti e successioni cruente si compivano nel segreto nelle stanze private dei grandi palazzi.
Oggi pare lo stesso, viviamo in una democrazia solo apparente, ormai svuotata della sua stessa sostanza tramite lo svilimento della forma, e vale la pena ricordare che la forma è elemento assorbente per la pratica democratica.
Oggi viviamo giorni in cui le cariche chiave sono affidate ― da circa una decade ― a persone spesso del tutto ignote all’elettorato.
L’impressione è quella che chi conta davvero usi queste con l’identica funzione dei “fusibili” in un circuito elettrico, non sono che elementi sacrificabili, spesso inconsistenti, che per brama di protagonismo, di potere personale o di avanzamento socioeconomico, si prestano ad offrire le proprie prestazioni con zelante fervore.
Un meretricio più spregevole di qualsiasi altro.
Quello che succede non ha a che fare con logiche palesi, con ideali, con valutazioni “scientifiche”, quello che succede ha, molto più probabilmente, a che fare con altre logiche, altri ideali e altre valutazioni scientifiche ― senza virgolette stavolta.
Esiste un mondo noto, privo di una reale logica e ragionevolezza così come ne esiste uno più vero, più reale, meglio organizzato e governato che comanda il primo usando criteri diametralmente opposti a quelli dichiarati nel primo, unico noto, unico illustrato, unico apparente.
Questi due mondi insistono sullo stesso spazio e condividono lo stesso tempo ma solo uno ha effetto sull’altro e non viceversa, fino ad ora almeno, qualcosa sta finalmente, faticosamente e dolorosamente cambiando.
Esistono gruppi e persone che agiscono in maniera dominante su tutti, senza mai apparire, servendosi di questi “fusibili” che ne proteggono l’identità e gli scopi ― sebbene si dilettino e lascia tracce per chi li segue come per chi li insegue.
Li vediamo tutti i giorni, felici dei loro abiti sartoriali, dei propri orologi di pregio, delle loro auto blu e del loro status insperato pavoneggiarsi come se avessero davvero meriti e qualità per goderne.
Il ne(g)ro di casa ha sempre avuto dei privilegi, certo era e rimaneva sempre uno schiavo, ma devoto e riverente, lo schiavo di fiducia del padrone che, felice del suo status ― viveva nella sua casa riscaldata, indossava abiti puliti e di buona fattura, mangiava quello che veniva dalle cucine del padrone ― si rende disponibile a svolgere con zelo il ruolo di aguzzino verso i suoi simili, spesso usando ferocia in modo anche più spregiudicato dei suoi stessi padroni.
Sono dinamiche che si sono già abbondantemente viste, ad esempio nei lager in cui i kapò, ebrei, erano i più sadici nemici dei loro stessi compagni di prigionia o in Sud Africa, ai tempi dell’Apartheid, in cui i poliziotti neri menavano di santa ragione gli abitanti di Soweto, ma anche nei sindacati confederali italiani che hanno lavorato contro l’interesse dei propri iscritti e a vantaggio di quelli padronali, per dire…
Il ne(g)ro di casa è più spregiudicato rispetto ai suoi padroni nel difendere i propri privilegi: la miseria gli è talmente nota e vicina che sarebbe capace di passare sul cadavere dei suoi più prossimi congiunti per evitarla e inoltre, tanto più è incapace, tanto più è dipendente dall’elemosina del padrone, tanto più gli sarà fedele.
Oggi sono quegli schiavi, i fusibili che pretendono di governarci, che eseguono quanto viene ordinato nel cambio del cibo della cucina del padrone, ad esercitare il potere su di noi.
Oggi sono loro a fare scempio della nostra democrazia, della nostra libertà, della nostra mente.
Sono i ne(g)ri di casa del vero potere.
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