mercoledì 03/06/20
Ho letto diversi post che mi hanno fatto letteralmente gelare il sangue nelle vene.
Molte persone inneggiano alla soluzione “tecnologica” di questa insulsa pandemia che assume l’inquietante forma della App “immuni”.
Sono tutti quanti riconoscenti verso i (vetusti) prodigi tecnologici che permettono al “Grande Fratello” di spiarci come mai nella storia, e di farlo fin nel nostro intimo più profondo.
La realtà è che “ immuni ” non serve a questo, perché questo monitoraggio esiste da quando gli smartphone sono diventati una nostra protesi necessaria, sanno tutto di noi da allora, ogni singola, insignificante cosa, e procedono sempre più in profondità.
Il cambio di paradigma è però cruciale, legittimare questa cosa legittima a sua volta provvedimenti assunti in base alle informazioni raccolte ― stavolta in modo palese.
Ad esempio, se la App che si trova sul telefono di qualcuno che conosco o che incrocio, anche uno sconosciuto, rileva il mio cellulare, e questo è positivo (o lo stato afferma che lo sia) anche basandosi solo su dei largamente inefficaci tamponi, io potrei essere messo in quarantena ― potrei addirittura morire lontano dai miei cari per un “improvviso aggravamento delle mie condizioni“, o per una malattia… inesistente.
Ancora, i tamponi, che nella prima versione PubMed dava per inefficaci all’80% (falsi negativi), poi migliorati perché davano nella seconda versione “solo” il 50% di errore (falsi) positivi, hanno il solo scopo di tracciare a tappeto alcuni dati genetici, determinati segmenti del DNA.
Casualmente il decreto del 10 maggio consente la registrazione dei nostri dati genetici.
Per la verità stiamo ancora nel campo della tecnologia obsoleta, in quanto il transumanesimo, la nanotecnologia e la e la biotecnologia sono molto più avanti, tanto che la filosofia di frontiera, non di grande diffusione, sta affrontando da anni problematiche del tutto inedite fino ad oggi, come l’ immortalità tecnologica ― che si è manifestata in particolare grazie ai progetti di Mind Uploading, ma anche di altro.
Queste tecnologie rendono obsolete quelle spacciate per fantascientifiche fino ad oggi, ad esempio il chip sottocutaneo: con le nanotecnologie è molto più pratico inserire delle “ nanomacchine ” (v.Nota 1) nei nostri corpi tramite dei vaccini, o il cibo, i liquidi che ingeriamo. Tutto questo è già possibile, che lo facciano possono esserci dubbi ma certo la possibilità esiste.
Come controllare questa enorme massa di dati, questi esseri transumani pieni di dati bidirezionali? La necessità è presto risolta grazie all’avvento dell’altrettanto nefasta rete 5G, che solo in questa distopica motivazione trova una reale necessità di realizzarsi.
Vi consiglio, su questi argomenti, questo intervento di Giulietto Chiesa, sulle tecnologie disumane e, sempre suo, il testamento che ci ha lasciato, il prematuramente e improvvisamente scomparso, grandissimo uomo e giornalista.
Un chiarimento sul termine complottismo : L’espressione “teoria del complotto” venne utilizzata per la prima volta negli Stati Uniti nel 1964, in relazione all’assassinio di John Fitzgerald Kennedy. In particolare l’espressione venne usata per descrivere collettivamente le varie voci critiche nei confronti delle conclusioni della Commissione Warren (la commissione ufficiale incaricata di indagare sull’assassinio).
Sulla base di tale definizione allora dovrei appellare chi non si ascrive all’illuminato gruppo dei complottisti come uno che crede che un pessimo tiratore (L.H.Oswald) con un fucile a retrocarica, in pratica un fucile “a tappo” da bambini, abbia azzeccato in sequenza i tre, dico-tre , migliori tiri della storia delle armi da fuoco?
Quindi direi che potremmo coniare un termine speculare a “complottista” tipo “boccalonista” per quelli che credono sia una accusa definire chi pensa diversamente da loro “complottista”.
A suffragare tale tesi ci metterei l’unico vero Papa, Joseph Ratzinger, Benedetto XVI, che da Cardinale, come si evince dall’immagine, ha scritto la prefazione di un libro di altissimo “complottismo ” (“Nuovo disordine mondiale ― La grande trappola per ridurre il numero dei commensali alla tavola dell’umanità” di Michel Schooyans ― Edizioni San Paolo).
In conclusione mi spingo ad affermare che essere complottisti oggi è motivo di vanto per l’intelletto di chi viene così definito, è al contempo motivo di onta per chi addita con l’idea di offendere, qualifica chi usa tale termine così malamente e chi di questo viene “accusato”, direi omaggiato a questo punto.
A ognuno sia data la misura di quello che è in maniera molto più profonda e umana di una App, se date del complottista a qualcuno, a far brutta figura siete voi.
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