«Se non riesci ad individuare il pollo nella prima mezz’ora di gioco, allora il pollo sei tu.»
Thomas “Amarillo Slim” Preston
21/06/22
Quando qualcosa non è gratuito ormai lo scartiamo automaticamente. Perché “pagare” quando Google, i social network, la messaggistica istantanea, sono tutti servizi (apparentemente) “gratuiti“?
In effetti, a voler essere precisi, sarebbe meglio spiegare che quello in atto è una sorta di “baratto“, e chi ci guadagna non siamo di certo noi, che accediamo a questi servizi forniti “gratis” da questi colossi del capitalismo.
Servizi “offerti” senza un addebito diretto perché li ripaghiamo, ben più del dovuto, con ogni informazione utile a studiare ed indirizzare i nostri comportamenti, chi ce li “offre” magnanimamente ― costa uno sproposito fornirli a una tale moltitudine di utenti ― guadagna, e pure enormemente, sfruttando i nostri dati, le nostre relazioni, i nostri desideri, segreti che depositiamo riverenti ai piedi di queste infernali macchine di condizionamento.
“ti darò tutto ciò che vedi se mi adorerai”
“Tibi dabo” ― dal Vangelo
Premesso ciò, va da sé che questo tipo di investimenti possa essere sostenuto solo dalle compagnie più grandi, spesso se non sempre foraggiate da apparati statali, militari principalmente o pure di intelligence.
Mi viene impossibile pensare, ad esempio, che Facebook possa aver mantenuto dei tali livelli di investimento, e per così tanti anni, senza incamerare introiti da utenti o sponsor o, perché no, dai fruitori dei suoi servizi…
Stesso discorso va fatto per il settore dell’informazione nel quale l’attivo economico, crollato miseramente sul fronte della domanda aggregata ― nessuno va più a “comprare propaganda” alle edicole ― viene sostenuto quasi esclusivamente dai finanziamenti pubblici, e solo in minima parte dalle proposte commerciali.
Le versioni on-line dei quotidiani rispondono sempre alle stesse dinamiche economiche, in senso lato, il discorso vale anche per le emittenti televisive e per ogni altro mezzo di comunicazione tanto verticale che orizzontale.
Eccoci quindi al nocciolo del problema, qualcosa che mi ricorda le discussioni con amici psicologi sulla questione della retribuzione delle sedute di psicanalisi, sul valore attribuito convenzionalmente al rapporto analista-paziente.
In psicanalisi il corrispettivo da pagare per le sedute rappresenta un elemento essenziale, ha un enorme valore simbolico, soprattutto per il paziente, il quale attribuisce, o non attribuisce, un valore al suo percorso terapeutico.
Questo formalizza la sua volontà, si determina a corrispondere o meno un sacrificio economico in funzione di un auspicabile miglioramento della sua condizione, imprimendo in questo modo, nella sua coscienza, una scelta netta e consapevole.
Questo cosa ha a che fare con quello che faccio?
Per anni “ho regalato perle ai porci” ― non solo ai porci chiaramente, ho spesso ricevuto anche sorprendenti gratificazioni ― su questo blog, come pure su altre piattaforme, su emittenti Telegram (Dtv), e in mille altri modi.
Ma io non sono Google, non sono Zuckerberg, non sono Twitter, sono solo un tizio che perde tempo (e soldi) per farsi tanti nuovi nemici e ben pochi amici.
È il momento di invertire il processo
Ho sempre rincorso le persone per fare in modo che leggessero o ascoltassero quello che ho da dire. Ho vissuto nell’illusione di contribuire a migliorare le cose, magari solo per un minuscolo pezzettino. Ormai mi sono stancato, forse, essendo tutto “gratis“, non si dà valore alle mie parole, un valore di certo assai opinabile, ma va bene in ogni caso è la classica scelta win/win.
Se hanno valore allora sarete disposti a sborsare un’inezia per leggermi o ascoltarmi e io finanzierò (parzialmente) le mie fatiche, se non ne hanno allora non sborserete nulla e niente cambierà. Vinco nel primo caso, non perdo nel secondo.
Lo status quo è quello peggiore, mi leggete ― e mi leggete e ascoltate, posso controllare ― ma senza finanziare minimamente, tranne casuali eccezioni, la mia impegnativa attività.
Comincerò col produrre alcune trasmissioni Telegram su Dtv come contenuti “premium“, continuando a realizzare anche quelle gratis però. Creerò contenuti, le cose davvero significative non saranno più “gratis“, né scaricabili, “il paziente dovrà optare per l’adesione o il rifiuto” secondo coscienza e convinzione.
Valuterò poi cosa fare degli articoli, l’intenzione è quella di fare lo stesso più o meno a breve, dovrò però capire come implementare la cosa dal punto di vista tecnico, operazione che ha ulteriori costi economici che mi pesano, a Google invece “non pesano“… Mai.
Non esistono “pasti gratis“, “servizi gratis“, né un capitalismo altruista, ma ci illudiamo sia così:
è una truffa, il prezzo sei tu
Ne ho parlato nella mia trasmissione “Se è gratis non ha valore” L’OCCIDENTALE del 20/06
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