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Fame verde

La produzione alimentare cancellata dal green

04/09/24

Oggi mi è emerso un tema che mi assilla da parecchio. Ritengo che, sempre in virtù delle politiche distopiche, codificate così bene in Agenda 2030, per costringerci in spazi di manovra sempre più angusti, impoverirci e gestirci, stiano programmando di abbassare sempre più drasticamente le produzioni agroalimentari. Per questo motivo sottolineerò tutti gli allarmi passati che vedo in sintonia con quelli presenti e quelli che suppongo arrivino poi.

Che il Globaluòrmingh! sia un pretestuosissimo pretesto l’ho detto e ritengo pure dimostrato innumerevoli volte, e anche che le politiche di scarsità siano uno strumento coercitivo di grande efficacia, come pure ho detto di come la geoingegneria è responsabile, attiva o passiva, dei devastanti fenomeni atmosferici degli ultimi decenni, infine ho proprio perso i freni inibitori quando hanno, a parer mio, provocato un terremoto in Turchia (esattamente mentre si svincolava dalla presa USA1).

Voyager, Rai2, 2012, terremoti provocati da onde ELF (Extra Low Frequency).

Premesso quanto dovuto, saccheggiando pragmaticamente, alcune mie ricerche e riflessioni passate ― trovate gli hyperlink di approfondimento cliccabili su alcune parole ― ed essendoci finalmente catapultati nel complottismo spinto, ossia laddove di spinge solo una mente libera e acuta, arriviamo al tema che oggi ci interessa maggiormente:

Ci vogliono affamare?

Assolutamente e senzadubbiamente (cit.) sì, vogliono affamarci, e pure malamente. Cominciamo col dire, per cominciare, che chi ha resistito agli abbattimenti degli ulivi secolari in Puglia col pretesto della Xylella, oggi ancora gode pienamente dei frutti dei propri alberi, oltre a non aver tradito le proprie origini, le generazioni e la cultura da cui proviene e tantomeno aver trasformato l’arida terra delle Puglie in un deserto inutilizzabile. Un’onta a un popolo che per secoli ha dissodato, costruito muri a secco che trattengono l’umido e fatto crescere contortissimi ulivi, alberi maestosi che coprono la terra rossa. Un popolo che aveva faticosamente modellato la natura.

Una notizia che mi fece pensare alla devastazione appena citata, ma in maniera più mercantilistica, quindi ancora più svilente, fu quando la Regione Emilia Romagna offrì, ai coltivatori che dismettono le coltivazioni e le produzioni di cibo, dai 500 ai 1500 euro per anno, addirittura per 20 anni, per ogni ettaro non coltivato. Ora, a parte la mancata produzione alimentare, danno primario, bisognerebbe valutare anche il derivante dissesto del territorio non curato, per dire.

Ma veniamo alla cosa più paradossale rispetto a questo finanziamento per distruggersi con le proprie mani, eccovi quindi le tre surreali motivazioni addotte:

1 “Contribuire alla mitigazione dei cambiamenti climatici e all’adattamento a essi, anche riducendo le emissioni di gas a effetto serra e rafforzando il sequestro del carbonio, come pure promuovendo l’energia sostenibile”.
2 “Favorire lo sviluppo sostenibile e un’efficiente gestione delle risorse naturali come l’acqua, il suolo e l’aria, anche riducendo la dipendenza chimica”.
3 “Contribuire ad arrestare e invertire la perdita di biodiversità, migliorare i servizi ecosistemici e preservare gli habitat e i paesaggi”.

Non c’è assolutamente bisogno di commentare quanto scritto sopra in neolingua orwelliana, ma c’è dell’altro, per sopperire alla forte diminuzione di produzione interna, e sempre nell’ottica green, Il Parlamento approva l’accordo di libero scambio UE-Nuova Zelanda, abbattendo del 100% i dazi in entrata, anche per i prodotti cd. extra freschi.

la cosa più green è una lattuga che arriva in tavola da Auckland…

Non biasimo tanto gli aguzzini, che sono quel che sono e fanno il loro nauseabondo mestiere, piuttosto biasimo i mie simili, pecore che non sanno neanche perché stanno al mondo, né per quanto tempo ci staranno. Per mia fortuna solo quest’ultima cosa mi accomuna a questi ovini antropomorfi.

Arriviamo adesso a le ex colline verdi e panorami rurali stuprati da selve di pannelli e di pale eoliche.

I pannelli fotovoltaici hanno un ciclo vita massimo di 25 anni, con un rendimento inevitabilmente calante, soffrono di attacchi ai cavi da parte dei roditori e si danneggiano fino alla totale distruzione sotto forti grandinate. Dopo 25 anni il suolo su cui sono posati ha ricevuto molti materiali inquinanti provenienti proprio dai pannelli. Il suolo è inutilizzabile per qualsiasi cosa tranne che per usi industriali e, difficilmente o mai, il costo, anche ecologico oltre che economico, del ciclo produzione-messa in opera-rendimento-smaltimento dei suddetti pannelli, è negativo.

Per lo smaltimento dei suddetti pannelli bisogna poi tener presente quali sostanze sono presenti e, quelle che ci sono, vanno trattate con costi non irrisori e precauzioni, queste sì, ecologiche.

I PANNELLI FOTOVOLTAICI A FINE VITA – RT/2020/7 ENEA pag.18

Passiamo ora alle pale eoliche. Quando sono usurate, queste contengono sostanze altamente nocive, sono difficilissime e costosissime, anche dal punto di vista energetico, da smaltire e quindi vengono letteralmente lasciate a marcire.

Le sostanze poli e perfluoroalchiliche percolano senza alcun freno. L’acido perfluoroottanoico e perfluoroottano solfonati appartengono a una famiglia di composti chimici costituiti da catene di atomi di carbonio a lunghezza variabile legate a atomi di fluoro e ad altri gruppi funzionali, i cosiddetti PFAS.

Tutte queste sostanze filtreranno inevitabilmente nel terreno, e quindi nelle falde acquifere, senza aver mai prodotto un briciolo in più dell’energia necessaria per costruirle (e senza smaltirle). Poi c’è l’imponderabile, possono prendere fuoco come nel video sotto, come pure nel caso di automobili, scooter, biciclette e monopattini elettrici.

Chiaramente la mia sommaria analisi ha uno scopo primario, affermare che la deliberata e drastica riduzione di produzione alimentare costituisce un pericolo, ed è attuata con pretesti risibili e inconsistenti. In secondo luogo che le energie rinnovabili sono un bluff di dimensioni cosmiche, si mantengono solo grazie agli incentivi e sono, anche e soprattutto dal punto di vista ecologico, una jattura per il pianeta. In terzo luogo, ma si tratta del primo scopo, potranno gestirci ancora meglio.

potranno fare quello vorranno,
quando avremo fame

Note

  1. Piccola nota sulla Turchia. È notizia assai recente che i BRICS ― collaborazione stabile dei paesi emergenti che lavorano a un nuovo equilibrio multipolare ― hanno ricevuto la richiesta della Turchia di entrare a farne parte. La Turchia è il secondo esercito NATO, era in attesa da tempo di entrare nella UE ma, la richiesta di entrare nei BRICS, archivia questa possibilità, fortunatamente per loro. Soprattutto però, la Turchia si allontana dalla NATO, ancora di più, molto di più. I rapporti con gli USA si sono deteriorati da tempo, e chissà quante rappresaglie ci sono già state! Dei BRICS fanno parte: Brasile, Russia, India e Cina, poi si sono aggiunti il Sudafrica (2010), e ancora Egitto, Etiopia, Iran ed Emirati Arabi Uniti (2024). Suggerisco una veloce lettura di alcuni post del mio canale Telegram: QUI, QUI, QUI, QUI, QUI, QUI, QUI, QUI, QUI, QUI e QUI. ↩︎

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