De l’assenza del coraggio per i propri pensieri
14/12/24
Nessuno ha più il coraggio delle proprie idee, anche negli ambiti più banali ci si nasconde e, in questo modo, si fa solo finta di vivere, rinunciando ai propri sensi, alle proprie elaborazioni, alle proprie emozioni.
I peggiori sono i sinistrati, quei finti intellettuali di stocàzzo che ritengono che basti essere di sinistra per darsi un’aria da pensatori, profondi, consapevoli… vi sbagliate alla grande.
Abito al Pigneto, un quartiere di Roma che è diventato uno dei covi prediletti ― ormai e purtroppo ― di questa tipologia di segaioli della cultura. In questo quartiere è resuscitato un cinema, che ha una programmazione sufficientemente di qualità. Accettato il fatto che si naviga nella melma propagandistica più becera ― dagli arcobalenati agli immigrazionisti per arrivare ai satanisti puri ― ma, ogni tanto, ancora si vede qualche bel film.
Siamo andati a vedere “Grand Tour” di Miguel Gomes, Vincitore del Premio per la migliore regia all’ultimo Festival di Cannes, qui sotto il trailer.
Ora, il film, ci dicono, è preceduto da un cortometraggio “nostro“. Quindi immagino che sia prodotto da una associazione che gestisce il cinema, in effetti ne so molto poco della loro organizzazione. Il corto non è affatto male, almeno dal punto di vista delle immagini, mi sorprende però, e un poco mi infastidisce, la scelta in controtendenza del formato, da cinema prima maniera, sebbene mi sembri ancora più spinto verso il quadrato, rispetto al 4:3. Mi dico che deve essere una mia impressione errata, del resto i sottotitoli non sono deformati e neanche le immagini, l’alternativa è che la proiezione subisca una sorta di taglio, ma non può essere…
Le immagini sono davvero belle, se non fosse per quella quadratezza… Ma deve essere una scelta del regista che non posso sindacare, solo giudicare, e non mi piace proprio. La storia inoltre, quod erat demonstrandum, è la solita arcobalenata: una suora che ritrova sul letto di morte la sua amata… Sì, sono lesbiche, c’è davvero poco di cui meravigliarsi.
Archiviato il corto, si passa al film che, stranamente, ha lo stesso formato del corto!
Ohibò, mi son detto, qualcosa non quadra (col quadro proiettato). Sono stato un fotografo professionista, direi anche abbastanza preparato e, per diletto e per passione, ho anche preso il patentino di proiezionista cinematografico. Questo per affermare che, a parte la passione per il buon cinema, mastico anche un poco di tecnica.
Sono basito dalla possibilità di un errore così marchiano, e allora cerco di capire. Non ho visto il trailer e il film lo ha scelto la mia compagna. Non posso resistere e infrango la mia regola aurea, a parte togliere subito la suoneria, che già lascio attiva raramente, per precauzione abbasso tutto il volume e disattivo la modalità “aereo“. Una breve ricerca sul film e trovo che è girato in formato 2,39:1…. cazzo!
Houston, abbiamo un problema!…
Ero immerso in una quantità di intellettualoidi che si spacciano per intenditori di cinema, e nessuno si rendeva conto di una tale aberrazione visiva che a un cinefilo vero avrebbe fatto rabbrividire, e infatti io lo facevo, incazzandomi non poco!
Sono fottuto, sono in ostaggio di un film monco che dura più di due ore, non ce la faccio. Esco e vado a parlare con la tizia che ci ha timbrato gli ingressi dell’abbonamento. Non c’è, è fuori a fumare, vado fuori.
Apro la porta col maniglione antipanico, la guardo e, con fare educato, le faccio notare che il film in sala… si vede “quadrato“. Lei, con gli altri che stanno fuori insieme a lei, sotto la tettoia, al riparo dalla pioggia, mi guarda come fossi insano di mente, e mi dice, come parlasse a un coglione: “ma è in 4:3!“.
Io non voglio incazzarmi ancora di più e le dico che, va bene, se è in 4:3 posso accettarlo, e non credo sempre a quello che trovo sul web, che però mi dice sia in formato 2,39:1 (perché è in formato 2,39:1!) ma lei prende per buona la mia frase e ritiene chiusa la discussione.
Lascio perdere, capisco che non capisce, e torno in sala a massacrarmi gli zebedei per far compagnia alla mia compagna e finire di vedere un film monco, bestemmiando come un pazzo, ma solo dentro di me.
Ho passato il resto del film a pensare quanto le folle siano idiote, lo abbiamo visto con i totalitarismi del secolo scorso e con quell’influenza del cazzo che hanno chiamato COVID19, lo vediamo sempre. Ma, la cosa veramente sorprendente, è che:
più sono colti e hanno studiato tanto più sono pecore
Nessuno ha il coraggio dei propri pensieri, sempre che dei pensieri li abbiano, un meccanismo di delega del pensiero ― che analizzai già in “Non fare di me un idolo mi brucerò” Un inno anarchico all’individualismo sociale ― che mi gela il sangue, temono di dire che “il Re è nudo“, e succede anche negli ambiti più banali, una codardia del pensiero mostruosa.
A fine proiezione ho fatto notare ad altri cinefili fasulli la cosa. Hanno strabuzzato gli occhi nel rendersene conto, e l’ho fatto notare anche agli addetti ai lavori. La cosa drammatica è che tutti avrebbero fatto finta di niente.
Avrebbero fatto finta di niente.
Ma ce li avete gli occhi?
E un cervello?…
In copertina, frame dal film “Grand Tour“.